sabato 27 gennaio 2018

Io sono l’amore (2009)

di Luca Guadagnino


Regia: Luca Guadagnino. Soggetto: Luca Guadagnino. Sceneggiatura. Barbara Alberti, Ivan Cotroneo, Walter Fasano, Luca Guadagnino. Fotografia: Yoricl Le Saux. Montaggio: Walter Fasano. Produttori: Luca Guadagnino, Tilda Swinton, Alessandro Usai, Francesco Melzi d’Eril, Marco Morabito, Massimiliano Violante, Candice Zaccagnino, Silvia Venturini Fendi, Carlo Antonelli. Produttore Esecutivo: Minnie Ferrara. Casa di Produzione: First Sun, Mikado Film, Rai Cinema, La Dolce Vita Production, Pixel Dna. Distribuzione: Mikado Film. Effetti Speciali: Visualogie. Musiche: John Adams (supervisione di Jen Moss). Scenografia: Francesco Di Mottola. Costumi: Antonella Cannarozzi. Trucco: Fernanda Lucia Perez. Interpreti: Tilda Swinton (Emma Recchi), Flavio Parenti (Edoardo Recchi junior), Edoardo Gabbriellini (Antonio), Alba Rohrwacher (Elisabetta Recchi), Pippo Del Bono (Tancredi Recchi), Maria Paiato (Ida Marangon), Diane Fleri (Eva Ugolini), Waris Ahluwalia (Mr. Kubelkian), Mattia Zaccaro Garau (Gianluca Recchi), Chiara Tomarelli (Anita Toffoli), Emanuele Cito Filomarino (Gregorio Sanfelice), Giangaleazzo Visconti Di Modrone (Andrea Tavecchia), Gabriele Ferzetti (Edoardo Recchi senior), Marisa Berenson (Allegra Recchi), Claudia Monicelli Bagnarelli (signora Gralieni).


Tutti parlano di Luca Guadagnino (Palermo, 1971) dopo le quattro nomination al Premio Oscar per il suo Chiamami col tuo nome (2017). Non mi posso limitare a dire che ho visto soltanto Melissa P (2005) e che l’ho trovato un film supponente e inutile, quasi peggiore del romanzetto da cui è stato tratto. Finisce che mi vado a vedere Io sono l’amore (2009), girato cinque anni dopo, consigliato da amici critici - reperibile su Rai Replay -, del quale le cronache riferiscono un grande successo di critica e di pubblico. Devo cambiare mestiere, anzi no, va bene così, ché questo non è il mio mestiere, soltanto una passione. Un film che nasce da un soggetto originale di Guadagnino, sceneggiato da ben quattro autori (Alberti, Cotroneo - mi sorprende in negativo, purtroppo! -, Fasano e il regista), in sette anni di lavoro (sic!), prima della distribuzione in sala, avvenuta nel 2010. Un film che racconta le tragiche vicende economico - amorose della ricchissima famiglia Recchi, dopo la morte del nonno (Ferzetti, in uno dei suoi ultimi ruoli), che lascia tutto nelle mani del nipote Edoardo (Parenti) e del figlio Tancredi (Del Bono). La sostanza nel film sta in due storie d’amore radicalmente diverse: la figlia Elisabetta (Rohrwacher), che lascia il fidanzato per vivere la sua vera natura e un felice amore omosessuale; la madre Emma (Swinton) che s’innamora perdutamente del cuoco Antonio (Gabbriellini), giovane amico del figlio. Finale melodrammatico, che sfiora il ridicolo, con la morte del figlio, il funerale, la confessione del tradimento e la fuga con il giovane amante. 


Film girato a Milano, Sanremo, Dolceacqua, Castel Vittorio, Buggio e persino Londra, con gran dispendio di risorse. Incasso italiano modesto (240 mila euro), grande successo statunitense, di critica e di pubblico, con nomination all’Oscar per i costumi e partecipazione di Carlo Cracco per la confezione dei piatti serviti in tavola. Tra gli attori molto bene solo Ferzetti, Swinton e Rohrwacher, sul resto del cast meglio stendere un pietoso velo.


Veniamo al film. La sola trovata interessante è reperibile nelle sequenze iniziali, con un alternarsi di dissolvenze che mostrano Milano sotto una coltre di neve - in un gelido bianco e nero - e il grigiore della casa borghese, fotografata in un cupo giallo ocra. L’incipit farebbe ben sperare, anche perché Ferzetti è un grande attore, capace di incantare lo spettatore con la forbita dizione, purtroppo l’arrivo del sole dissolve la neve a Milano insieme a tutte le nostre speranze di vedere un film degno di questo nome. Guadagnino procede con studiata lentezza, convinto di essere Visconti o Antonioni - tanto tanto Bertolucci - mentre sprofonda nel ridicolo più totale. Soggettive assurde, piani sequenza a non finire, macchina a mano nervosa, primissimi piani degli occhi e di inutili particolari, buttati lì come se fosse un film di Sergio Leone. Viene da chiedersi se stiamo guardando un film o un mero esercizio di stile di un regista che deve superare un esame e vuol far capire di aver studiato i classici. 


Un film pretenzioso, eccessivo, infarcito di sequenze così originali da diventare fastidiose, perché Guadagnino sceglie sempre il modo peggiore di raccontare le cose, il più astruso, il meno immediato, quello volutamente complesso. Un film che diventa irritante nella parte finale - a meno che non si prenda a ridere e si trasformi in un cult della comicità involontaria - quando il melodramma posticcio non commuove nessuno, ma indispone per il disprezzo dimostrato dagli sceneggiatori nei confronti del pubblico. Assurda la sequenza della morte di Edoardo dopo la lite con la madre, ancor peggiore tutta la parte del funerale e della fuga materna, incredibilmente strampalato il finale, che giunge dopo i primi titoli di coda e ritrae - con un simbolismo che ha capito solo il regista - i due amanti maledetti, lontani dal mondo, finalmente soli con il loro amore. Un film da evitare come la peste, a meno che non vogliate farvi del male, come un commensale che decide di mangiare peperonata con le cozze per cena o piccante cibo messicano. Indigesto. Indigeribile. La speranza è che Chiamami col tuo nome sia migliore, ma viste le premesse…

IL TRAILER DEL FILM SU YOUTUBE:


Per vederlo su RAI: http://www.rai.it/dl/RaiTV/programmi/media/ContentItem-129ddb5b-542e-4c77-91f2-7624f1e45dfc.html

Nessun commento:

Posta un commento