giovedì 30 gennaio 2014

Operazione Pulizia

di Yoani Sanchez
 

Calle Infanta y Vapor, otto di sera. Un’impalcatura scricchiola sotto il peso dei suoi occupanti. La zona è oscura, nonostante tutto due pittori passano i pennelli sopra sudici balconi, facciate e lunghe colonne che danno sul viale. Il tempo incalza, il II Vertice CELAC (Conferenza degli Stati Latinoamericani e Caraibici, ndt) comincerà tra poche ore e tutto deve essere pronto per ricevere gli ospiti. Le strade dove transiteranno le carovane presidenziali saranno ritoccate, l’asfalto rinnovato, le buche tappate e la povertà occultata. La vera Avana si nasconderà sotto un’altra città in costruzione, come se sulla polvere - accumulata per secoli - fosse sistemato un vistoso ed effimero arazzo.

Dopo sarà la volta della “pulizia umana”. I primi segnali che si sta armando un’altra scenografia giungono dai telefoni mobili. Le chiamate si perdono nel niente, i messaggi di testo non raggiungono la destinazione, ogni volta che si tenta di comunicare con un attivista rispondono irritanti squilli di occupato. Inoltre sta per arrivare la seconda fase, quella fisica. Agli angoli di certe strade proliferano persone silenziose, uomini vestiti con camicie a quadri che toccano nervosamente un auricolare nascosto in un orecchio, vicini che fanno la guardia davanti alle porte di persone alle quali fino al giorno prima avevano chiesto un po’ di sale. L’intera società ribolle di sussurri, occhi attenti e paura, una grande dose di paura. La città è tesa, tremante, in allarme: è cominciato il Vertice CELAC.

L’ultima fase porta con sé detenzioni, minacce e arresti domiciliari. Sugli schermi della televisione ufficiale gli annunciatori sorridono, commentano le conferenze stampa e trasferiscono le telecamere verso le scalette di decine di aerei. Il panorama si completa con tappeti rossi, pavimenti puliti, felci verdeggianti nel Palazzo della Rivoluzione, brindisi, foto di famiglia, traffico deviato, poliziotti ogni cento metri, guardie del corpo, stampa accreditata, discorsi di apertura, persone minacciate, prigioni piene e amici trasferiti in dimore sconosciute. Neppure la raffineria Ñico López può esibire il fumo nero che esce dalla ciminiera. La cartolina ritoccata è pronta… quel che manca è la vita.

Finita la festa, tutto passa. Presidenti e cancellieri tornano ai loro paesi. Umidità e muffa fanno capolino dall’esigua copertura di vernice delle facciate. I vicini che parteciparono all’azione di polizia tornano alla noia consueta e gli ufficiali che hanno gestito l’Operazione Pulizia vengono premiati con soggiorni in alberghi dove tutto è compreso. Le piante seminate per l’inaugurazione seccano per mancanza d’acqua. Tutto torna alla normalità e all’assoluta mancanza di normalità che caratterizza la vita cubana.  La falsa istantanea è finita. Addio II Vertice CELAC.

 

Traduzione di Gordiano Lupi

www.infol.it/lupi

 

Nicaragua e Celac


Omar Santana e la Costituzione del Nicaragua.

 
Lauzan e il Vertice CELAC a Cuba.

martedì 28 gennaio 2014

Una terribile eredità - Gordiano Lupi, recensione

Una terribile eredità - Gordiano Lupi, recensione

Il piccolo dittatore


Omar Santana - Raul Castro, il piccolo dittatore.

Fidel sempre più attivo



Fidel sempre più attivo. Ieri ha incontrato la presidentessa del Brasile Dilma Rousseff, con la quale ha parlato del Porto di Mariel e dei primi passi concreti per lo sviluppo di quella zona, dove nei giorni scorsi è stato inaugurato un nuovo terminal finanziato dal paese sudamericano.
 
 
 
Un'altra foto documenta l'incontro tra Fidel e Portia Simpson Miller, Primo Ministro della Giamaica, in visita a Cuba in occasione del II Vertice dei Paesi Latinoamericani e Caraibici.
 
 
 
(Gordiano Lupi).

Fidel Castro con Cristina Kirchner


 
Prime foto di Fidel Castro mentre conversa con la presidentessa argentina, Cristina Kirchner, durante l'incontro di domenica scorsa all'Avana. Fidel Castro, 87 anni, fuori dal potere dal 2006, indossa una camicia azzurra e nera a quadri ed è in tenuta sportiva.
 
Vediamo anche la moglie di Fidel, Dalia Soto del Valle, nella sala della sua abitazione. Le condizioni di salute di Fidel sembrano buone.

 
 
 
(Gordiano Lupi)

Marionette



- La OEA è una marionetta degli Stati Uniti!
 (La OEA è l'Organizzazione degli Stati Americani)

Della serie: senti chi parla...!
 by Garrincha

giovedì 23 gennaio 2014

Cuba senza deodorante

A Cuba scarseggiano i prodotti igienici, soprattutto deodorante e pasta dentifricia. Pare che fino a marzo non sarà facile trovare negozi riforniti di tali cosmetici.
Gli umoristi si scatenano. Garrincha disegna un cubano che protesta per la mancanza di deodorante e dentifricio, ma finisce per annientare le persone dall'odore pestilenziale che emanano bocca e ascelle.


 Omar Santana ritrae Raul Castro mentre si lava i denti (su di lui le mancanze non hanno effetto) e dice: "Adesso protestano perché non ci sono prodotti igienici... Ma che popolo consumista!"

mercoledì 22 gennaio 2014

La morte di mia madre


di Guillermo Cabrera Infante
Ero andato all’Avana portando con me soltanto una piccola valigia, sicuro che presto avrei fatto ritorno a Bruxelles. I miei amici dicevano sempre che ero malato di bruxellosi, non capivano che cosa ci trovassi di così affascinante in quella grigia città europea. Non lo sapevo neppure io, allora. Poi l'avrei capito, ma serviva tempo. Nella mia ventiquattr’ore avevo messo un po' di biancheria, una camicia di ricambio e un paio di pantaloni sportivi. Non volevo restare a Cuba più del tempo strettamente necessario a vedere mia madre, ormai morta, seppellirla, prendere le mie due figlie e tornare da Miriam Gomez. Avevo fatto ritorno a Itaca ma non mi sentivo Ulisse: la mia Penelope era rimasta ad attendere nella vecchia Europa. Non sapevo che il mio sogno ricorrente stava per diventare realtà. Se la mia vita fosse un film, l'avrei chiamata parte onirica, e Dio solo sa quanto ami il cinema, è parte della mia vita, da sempre. Il regista avrebbe cambiato fotografia, oppure avrebbe trovato un escamotage tecnico per far capire che era una parentesi della storia. Io sono un povero scrittore. Non mi resta che il corsivo. Mi trovo a Cuba, aeroporto internazionale José Martì, sto per salire a bordo di un aereo diretto in Europa e mi rendo conto di non avere il passaporto, oppure - in una variante del sogno - mi accorgo di essermi dimenticato di andare al Ministero per ottenere il visto di uscita dal Paese. Ecco, questa sequenza onirica, avrebbe preso forma di tangibile realtà. Ancora non lo sapevo, ma stavo per finire nel Castello di Kafka, inghiottito dai gorghi della burocrazia totalitaria.

Ero in volo sulla mia isola. Itaca era sempre più vicina e mi trasmetteva sensazioni contrastanti. Attrazione e repulsione. I ricordi della mia giovinezza avanera e dell'infanzia orientale si affacciavano alla memoria come spiriti inquieti del passato. Le palme inchiodate al terreno rossiccio, il verde intenso delle grandi sequoie, i condor neri e minacciosi, il paesaggio soleggiato, il cielo reso bianco dal sole, le lunghe strade fiancheggiate da palme. Era la mia Avana. Cominciavo a prendere contatto con la mia terra appena sceso dall'aereo, percorrendo in auto la calzada Rancho Boyeros e l’avenida De Los Presidentes. Fu come un colpo al cuore la visione della casa dei miei genitori, il balcone deserto, le finestre chiuse, apparizione insolita, priva di vita, funesto presagio di quel che stavo per capire. Vidi il corpo senza vita di mia madre alla funeraria Rivero, proprio vicino al mare, lugubre luogo di morte così appresso alla vita, agli schizzi del salmastro, ai giochi dei bambini sulle scogliere della mia giovinezza. Il primo incontro con la realtà della morte di mia madre, ritratta nella fredda obiettività delle parole scolpite. Avrei voluto dire con il poeta: “Non voglio vederla!”. Ma non potevo. Accanto a lei il volto invecchiato di mio padre, triste e ombroso. Vecchio mio, quanto tempo senza vedersi e adesso di nuovo insieme per condividere tanta tristezza. Parole che avrei voluto dire ma che non pronunciai, non ero in un romanzo, in quel momento non servivano parole, né artifici verbali, serviva soltanto il silenzio. Mia madre avrei voluto ricordarla quando mi chiamava dal balcone d’una polverosa strada di Gibara per dirmi che mio padre era rientrato, che era pronto il pranzo. Avrei voluto tenere a mente i suoi silenzi quando partimmo per L'Avana, poveri e senza casa, in cerca di fortuna. Avrei voluto rivederla armeggiare ai fornelli d’una cucina economica, mentre separava i fagioli buoni dai legumi avariati per poi scegliere i chicchi di riso da lessare. Avrei voluto credere che facesse parte del sogno - sequenza onirica d'un film troppe volte temuto - anche il funerale di mia madre. In fondo non era cambiato niente. Lei era morta e tutto andava avanti allo stesso modo. Il parco era lo stesso, le stesse persone andavano a sedere sulle panchine, gli stessi ragazzini giocavano con scivoli e altalene. Tutto va avanti sempre allo stesso modo. Eppure ogni giorno c'è qualcuno che muore. Era duro ammetterlo, ma la sola differenza in quel tramonto triste sul lungomare era la morte di mia madre. Scompariva il segno tangibile della mia infanzia, il braccio amorevole che mi stringeva forte al suo petto, il sorriso dolce del mio passato, la tristezza di troppe incomprensioni. Restavano soltanto i ricordi. Ma non era poco.

Traduzione di Gordiano Lupi
www.infol.it/lupi 

martedì 21 gennaio 2014

Il fumetto satirico cubano



 
UN PAPA TROPPO POPOLARE

 - Ti dico di no! Papa Francesco non è il Presidente dell'Argentina!

 - In TV vedo soltanto lui!

 Omar Santana (El Nuevo Herald)
 


LA RIVOLUZIONE CUBANA A FUMETTI


Fidel - Questa rivoluzione degli umili per gli umili la porteremo a compimento grazie agli affari dei nostri nipoti.

Garrincha (da Martì Noticias)
 
Traduzioni di Gordiano Lupi

lunedì 20 gennaio 2014

La cartografia intima di un congedo


Mapa dibujado por una espía 
Mappa disegnata da una spia 


 
Raimond L. Souza, biografo di Guillermo Cabrera Infante, autore del fondamentale testo Two island: many worlds, sostiene che il nostro autore avrebbe scritto Mapa dibujado por una espía nel 1973, al termine di una lunga crisi creativa, per uscire da un periodo di depressione. Grazie a quel testo l’autore di Tre tristi tigri xsarebbe riuscito a esorcizzare i fantasmi del passato e a riprendere il suo lavoro letterario. Questa spiegazione non mi convince molto. Le vicende narrate risalgono al 1965, raccontano le fasi della sua rottura pubblica con il regime, dopo il caso Padilla, resa esplicita dall’intervista rilasciata al settimanale argentino Primera Plana. Guillermo lascia il Belgio, molla gli incarichi per conto del governo cubano, vive per un certo periodo a Madrid, quindi si stabilisce definitivamente a Londra. Questa Mappa disegnata da una spia - il nostro autore sarebbe la spia - sembra quasi vomitata, scritta di getto per un irrefrenabile impulso, nel 1968, subito dopo le vicende narrate.  

Itaca vuelta a visitar, doveva essere il titolo del libro. E se mai qualcuno avesse l’ardire di pubblicare in italiano questa triste cronaca di un sogno infranto,  non ci sarebbe titolo migliore di Ritorno a Itaca. Cabrera Infante, novello Ulisse che fa ritorno in patria, anche se non è come l’eroe greco, la sua Penelope l’attende in Belgio, inoltre vede la sua terra troppo cambiata per convincersi a restare. E decide per la fuga. Mapa è un titolo escogitato dopo, anche se il testo è incompiuto, lo stesso autore non era contento dello stile, a volte troppo diretto, in certi casi troppo denso. In realtà questo inedito riscoperto tra le carte di Cabrera Infante da Miriam Gómez non è un testo letterario, non ha niente a che vedere con la miglior narrativa dello scrittore di Gibara. Mancano il tipico umorismo, l’ingegno verbale, i giochi di parole, in definitiva leggiamo una cronaca dei fatti più che un romanzo. A tratti ci chiediamo persino se l’abbia scritto lui, di solito così geniale e originale, mentre per una volta si rivela comprensibile a tutti. Mapa dibujado por una espía è un libro triste e malinconico perché è la storia di una grande disillusione. Lunes è costretta a chiudere e un gruppo di intellettuali problematici per il regime viene allontanato dall’Avana. Guillermo Cabrera infante è nominato addetto culturale presso l’ambasciata cubana in Belgio e proprio in quel periodo scrive Tre tristi tigri, libro grazie al quale vince il premio Biblioteca Breve. Carlos Franqui - che vive all’Avana - chiama Guillermo: “Tua madre sta morendo”, dice. Lui vola a Cuba, ma non fa in tempo a vedere la madre viva. Assiste al funerale e subito dopo progetta di rientrare in Europa portandosi via le due figlie avute dalla prima moglie. Non è possibile. Il Ministero delle Relazioni Estere vuol parlare con lui e sapere perché ha deciso di ripartire per l’Europa. Comincia un vero e proprio incubo kafkiano che trattiene lo scrittore a Cuba per oltre quattro mesi. Guillermo comprende che il suo paese sta scivolando verso una china pericolosa, si sta distruggendo sotto il peso del totalitarismo. Tomás Eloy Martínez intervista Cabrera Infante nel luglio 1968, lui si confida come un precursore della dissidenza, un testimone della disillusione. “Conosco bene i rischi che sto correndo. Ho appena schiacciato il campanello che metterà in funzione la Straordinaria ed Efficace Macchina per Fabbricare Calunnie. Conosco alcuni che in passato hanno subito i suoi effetti: Trotski, Gide, Koestler, Orwell, Silone, Richard Wright, Milosz…”.   
Guillermo Cabrera Infante sapeva che Cuba gli sarebbe rimasta nel cuore per tutta la vita, anche se non l’avrebbe più rivista. Per questo ha scritto Mappa disegnata da una spia, anche se in vita non l’ha mai pubblicato. Per comporre la cartografia intima di un congedo.

Gordiano Lupi 
www.infol.it/lupi



Guillermo Cabrera Infante 
Mapa dibujado por una espía 
Galaxia gutemberg – Circulo de Lectores
Barcellona - Pag. 396

giovedì 16 gennaio 2014

Non siamo niente

di Orlando Luís Pardo Lazo



Finalmente è rimasto solo.

Curvo, il suo profilo greco perfetto adesso divenuto quello di un avvoltoio.

Si nota una certa saggezza classica nelle specie rapaci. Qualcosa di nobile nel gesto aduso a mangiare carogne.

Non è neppure lontanamente senile, come dice chi è stato sempre suo nemico. 

È semplicemente solo, in un mondo irriconoscibile, circondato da volti reminiscenti. Tracce di totalitarismo.

Intorno a lui, tutti comprendo la scena alla perfezione. Gli sorridono con misericordia. Gli scattano foto impunemente. Si credono privilegiati perché assistono agli ultimi aneddoti della Rivoluzione. A volte alcuni si mostrano impazienti o nervosi. Sanno che la Rivoluzione terminerà con quel corpo che arranca. Sanno che ci saranno conseguenze più fisiche che legali.

Nel frattempo, ci avviciniamo morbosamente agli occhi svuotati del Leader Minimo, del Compagno in Capo che ormai non ostenta più alcuna carica dittatoriale, e che si dedica appena a toccare gli oggetti con un indice non più assassino ma innocente come quello di un neonato. Dopo aver imposto tanta barbarie come strategia eterna di governabilità, adesso Fidel sta vivendo in Braille. La sua morte sarà tattile. La preghiera cubana dell’estrema unzione gli arriverà con puntolini fitti sulla sua pelle, forse per mano del Cardinale.


Senili, in ogni caso, siamo noi. Che gli permettiamo quella solitudine salvifica, dando le spalle al mondo riconoscibile, circondato di repressori in uno stato sublime rivolto al futuro. Totalitarismo da tracciare.

Traduzione di Gordiano Lupi
www.infol.it/lupi

LETTERA DEL DANNO 2014

di Orlando Luís Pardo Lazo           

 
Anche se la luce della libertà non ci raggiungerà per tempo.

Anche se il Male avrà la meglio sui nostri corpi e sulla nostra esausta esigenza di libertà.
 
Anche se Fidel e Raúl Castro non moriranno, come minacciano.
 
Anche se il cognome Castro continuerà a rappresentare una cicatrice crudele dopo Raúl e Fidel.
 
Anche se Cuba cadrà in altre mani o non uscirà mai dalla debacle latinoamericana.
 

Anche se gli Stati Uniti non si ricorderanno più della nostra nazione.
 

Anche se l’Europa libera non smetterà mai di tradirci.
 

Anche se la verità era una verità eccessiva.
 

Anche se è già molto tardi per resuscitare l’anima distrutta del nostro popolo.
 

Anche se l’esilio cubano non ritornerà mai, come mai ha fatto ritorno.
 

Anche se la violenza ci è sempre più vicina.
 

Anche se la morte, sempre la morte, ci guarderà negli occhi minando l’affetto che restava nel nostro cuore.
 

Anche se il ricordo indebolirà la nostra voglia di vivere.
 

Anche se noi ci troveremo qui.
 

Anche se noi ce ne saremo andati.
 

 
Cuba, nessuno avrebbe potuto amarti più di me.  
 

Traduzione di Gordiano Lupi

mercoledì 15 gennaio 2014

I paesi terroristi


Raul: - Tirateci fuori dall'elenco dei paesi terroristi! Stiamo cambiando le leggi!
Cubano (pensa): - Forse dovrebbero cambiare l'abitudine di tirar fuori Fidel. Sono ancora terrorizzato!

di Garrincha (Radio TV Martì)

Cuba - Un anno di riforma migratoria

 
Tradurre Yoani Sanchez non significa condividere ogni frase della nota blogger, né prendere per oro colato le sue asserzioni apodittiche. Tutt'altro. Spesso è il caso di riflettere criticamente su certe considerazioni un po' troppo facili. L'ultimo post pubblicato su Generacion Y, che trovate su www.lastampa.it/generaciony, vuol far credere che - a un anno dalla Riforma Migratoria - a Cuba niente sia cambiato. Non è vero. A Cuba è cambiato tutto. Non si erano mai visti tanti cubani - e soprattutto tanti dissidenti - a giro per il mondo, liberi di parlare, di criticare, di esporre la loro interpretazione politica. Non si era mai vista tanta "non repressione" nei confronti di chi è uscito, ha criticato il governo in ogni possibile circostanza e ha fatto rientro in patria. Certo, se di vittoria si può parlare, è stato il governo ad avere la meglio sulla dissidenza, perché ha mostrato al mondo il volto più morbido. Lasciamo stare se in patria vengono perseguitate le Damas de Blanco e i dissidenti subiscono arresti per brevi periodi, ma chi è uscito ed è rientrato non ha subito rappresaglie. Yoani Sanchez afferma che sono ancora molti i cubani che non possono permettersi di viaggiare all'estero, perché non hanno soldi neppure per sbrigare la pratica e ottenere il passaporto. Ma questo accade da sempre in ogni luogo del mondo! Non mi pare un motivo per meravigliarsi. I dissidenti viaggiano perché i loro giri del mondo sono pagati da chi ha interesse (culturale, politico, letterario...) a farli uscire da Cuba, altrimenti anche loro - a parte poche eccezioni di non conformi ricchi per i più svariati motivi - non viaggerebbero. Da sempre, i viaggi dei cubani sono finanziati dai parenti che vivono all'estero o da amici che risiedono in Europa e negli Stati Uniti. Altra inesattezza: il paese in fuga. Persino El Nuevo Herald (mai tenero nei confronti del governo cubano) dice che non è vero, che si sta attraversando un periodo caratterizzato da un'inversione di tendenza. I cubani escono per brevi periodi dal Paese, ma poi fanno rientro, con il denaro guadagnato, e cercano di mettere in piedi un'attività economica privata (ora consentita) al loro paese. Inoltre, le fughe dei cubani non sono quasi mai di carattere politico, ma soltanto economico. Sono rari i casi di cubani impegnati politicamente che chiedono lo status di esiliati. Per la maggior parte di loro, il viaggio all'estero significa resolver, una maniera come tante per dare una svolta economica alla loro esistenza. Condivido solo una cosa dell'ultimo post di Yoani: il fatto che per i vecchi esiliati, per coloro che si vedevano negare il rientro a Cuba per motivi politici non sia cambiato niente. La nuova legge, infatti, non è retroattiva. Questo sarebbe un punto su cui insistere per chiedere di modificare una situazione superata, viste le aperture economico - politiche che hanno caratterizzato l'ultimo anno di governo di Raul Castro. In definitiva, Cuba sta cambiando, anche se molto resta da fare in tema di libertà di pensiero, diritti umani, possibilità di associarsi politicamente e sindacalmente. Ma non sarà un periodico on line a cambiare la vita dei cubani, novità inutile, visto il basso indice di connessione di un popolo refrattario a occuparsi di problemi politici.
 
Gordiano Lupi

mercoledì 8 gennaio 2014

LA POESIA DELL'ESILIATO

 
¡Ah!, ¡cuántas noches
Como ésta desprecié! ¡Noches de Cuba!
Que allá en los tiempos de mi edad primera
Pasasteis sobre mí sin comprenderos.
Llegó el momento que os contemple triste.
Llegó el momento que mi vista errante
Vague en la inmensidad. ¡Cuántas estrellas!
¡Qué hermosura! ¡Qué luz! ¿Serán acaso
Influyentes al hombre mientras vive,
O aparecen después que ha sucumbido?
Si influyen en el hombre, ¿cuál la mía?
¿Aquella débil, que refleja apenas?
¿Aquella opaca, triste, moribunda?
¿Eres mi estrella tú?

Francisco Pobeda (Poeta cubano, secolo XIX)

Ah, quante notti
Come questa disprezzai! Notti di Cuba!
Che là al tempo dei miei primi anni
Passaste su di me e non vi compresi.
Arrivò il momento di contemplarvi triste
Arrivò il momento per la mia vista errante
Di vagare nell'immensità. Quante stelle!
Che bellezza! Che luce! Potranno forse
influenzare l'uomo mentre vive,
o appariranno solo dopo la sua morte?
Se influenzano l'uomo, qual è la mia?
Quella debole, che riflette appena?
Quella opaca, triste, moribonda?
Sei tu la mia stella?

Traduzione di Gordiano Lupi

martedì 7 gennaio 2014

Caro auto a Cuba


A Cuba è stata liberalizzata la vendita delle auto. Non servono più autorizzazioni, né pastoie burocratiche. In compenso, costano quanto in Italia... e il potere d'acquisto di un cubano non è certo lo stesso di un italiano! In pratica il governo ha liberalizzato la vendita delle auto a favore di chi compie illegalità (prostitute, spacciatori, jineteras - escort d'alto bordo -, truffatori di vario tipo), di chi ha aperto un'attività privata redditizia (di solito ex componenti del Partito Comunista) e di chi possiede parenti ricchi all'estero. Garrincha ci scherza sopra.
Raul: - E perché piange il popolo energico e virile?
Cubano: - Per il prezzo delle auto.

 
JARDIM (Uruguay), affronta lo stesso tema.
Non serve la traduzione. Il cubano opta per il monopattino, perché il costo delle auto subisce un ricarico del 50% giustificato da tasse e costi di importazione.
 
 
 Terminiamo con Omar Santana.
Comprare un'auto a Cuba è impresa quasi impossibile...
 
Gordiano Lupi