domenica 14 aprile 2013

Venezuela: resta ancora la speranza


di Yoani Sánchez


L’aereo era appena atterrato a Panama, fuori dal finestrino un sole inclemente percuoteva il selciato. Mi aggiravo per le sale dell’aeroporto, cercando un bagno e un posto dove attendere la partenza del prossimo volo. Alcuni giovani in sala d’attesa mi indicarono con gesti e cominciarono a gridare il mio nome. Erano venezuelani. Si trovavano lì, proprio come me, in attesa della loro destinazione. Cominciammo a conversare in mezzo alla folla, tra valige che andavano e venivano, mentre gli altoparlanti annunciavano partenze e arrivi. Mi dissero che leggevano il mio blog e che comprendevano bene la situazione che stavamo vivendo sull’Isola. Chiesi ai miei interlocutori se volevano farsi una foto con me. I loro volti assunsero un’espressione allarmata e mi supplicarono: “Per favore, non la pubblichi su Facebook né su Twitter, perché ci causerebbe problemi nel nostro paese”. Rimasi allibita. I venezuelani mi ricordavano molto da vicino i cubani: erano timorosi, parlavano sottovoce, nascondevano tutto ciò che poteva comprometterli davanti al potere.


Quell’incontro mi fece riflettere su temi scottanti come il controllo ideologico, la vigilanza e l’eccessiva intromissione dello Stato in ogni dettaglio della vita quotidiana. Tuttavia, malgrado le similitudini tra quei giovani e i miei compatrioti, mi resi conto che a loro restavano alcuni spazi di libertà per noi irrimediabilmente compromessi. Tra gli spiragli ancora aperti, prima di tutto ci sono le elezioni. Oggi, domenica 14 aprile, i venezuelani si recano alle urne per decidere con il voto - nonostante tutti i giochetti di potere - il futuro immediato della loro nazione. A noi cubani questo diritto è stato tolto da tempo. Il Partito Comunista del nostro paese, in maniera abile, ha eliminato ogni possibilità di scelta tra le varie opzioni politiche. Consapevole che non avrebbe potuto gareggiare senza inganni, Fidel Castro ha preferito correre in pista da solo e ha nominato come unico sostituto una persona che, oltretutto, porta il suo stesso cognome. Se paragoniamo le due situazioni, possiamo dire che ai venezuelani resta ancora la speranza, mentre per i cubani rimane solo il rimpianto delle occasioni perdute.

Per questo motivo, visto che conosco la prigione dove vivo, raccomando ai venezuelani di non chiudere la sola via d’uscita sulla quale possono contare. Spero che quei giovani che ho incontrato nell’aeroporto di Panama adesso stiano esercitando il loro diritto al voto. Il mio augurio è che dopo questa giornata non debbano più temere rappresaglie per essersi scattati una foto con qualcuno, aver espresso un’idea o firmato una critica. Desidero che ottengano tutto quello che a noi è stato negato.

Traduzione di Gordiano Lupi

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