giovedì 17 gennaio 2013

La riforma migratoria cubana



L'Avana, 17 gennaio 2013 - L'entrata in vigore della Riforma Migratoria ha provocato lunghe code e disagi negli uffici del Dipartimento Immigrazione ed Estero di tutto il paese. Sono molti i cubani che vorrebbero viaggiare, uscire dall'Isola, temporaneamente o definitivamente. Adesso possono farlo. La legge consente di uscire da Cuba per un massimo di due anni, basta avere un passaporto in regola e un biglietto aereo. Il passaporto costa 100 dollari, ma non serve più la famigerata tarjeta blanca, né la ancora più assurda carta di invito redatta da uno straniero. Va da sé che servono le possibilità economiche per uscire dal paese, questo è un altro discorso, e in una situazione come quella cubana non sono molti a potersi permettere il lusso di un viaggio. Si ricorre al parente che vive all’estero, si vendono le scarse proprietà di cui si dispone, si chiede aiuto a un amico straniero. I mezzi sono molti e la fantasia dei cubani, che si è sbizzarrita per decenni, non mancherà proprio adesso che si è aperto uno spiraglio di libertà. Persino chi è uscito dal paese in maniera illegale potrà rientrare, per turismo o, cosa meno probabile, per restare.

 
Questa Riforma Migratoria è molto importante, una delle più clamorose degli ultimi anni, si tratta di un provvedimento che può avere una portata sconvolgente nell’economia dei delicati rapporti tra il governo cubano e la sua popolazione. Ma andiamoci piano con gli entusiasmi e non equivochiamo. La Riforma Migratoria non rappresenta la caduta di un muro, 23 anni dopo Berlino, in uno dei pochi regimi chiusi che restano al mondo. Se L’Avana ha fatto questo passo non è certo per ansia di libertà, né voglia di aperture improbabili, ma si tratta di una conseguenza del totale fallimento economico – sociale. Il sistema castrista, anche con le nuove misure che legalizzano e incentivano il lavoro autonomo, non riesce a dare lavoro e neppure a garantire la sussistenza della sua popolazione. Per questo motivo, adesso, dopo averlo impedito per decenni, incita i propri cittadini a viaggiare, sperando che tornino a casa con le tasche piene di valuta pregiata da spendere e investire. Inoltre il governo si riserva la possibilità di negare il passaporto per motivi di “interesse pubblico” o di “difesa e sicurezza nazionale”, perché ha già fatto sapere che contrasterà con tutte le sue forze il “furto di cervelli”, evitando che se ne vadano dall’Isola i cittadini più educati e preparati. Stiamo a vedere adesso se il governo cubano terrà fede alle promesse legislative e se consentirà l’uscita delle Damas de Blanco per andare a ritirare il Premio Sacharov assegnato dal Parlamento Europeo, oppure se accetterà che un dissidente come Guillermo Fariñas possa andare e venire da Cuba. E la blogger Yoani Sánchez - corrispondente de El País e premio Ortega y Gasset di giornalismo -, dopo venti divieti di uscita - potrà finalmente recarsi all’estero?


Un altro problema per i cubani è che non possono uscire dal loro paese se non possiedono – oltre al passaporto - un visto d’ingresso rilasciato dalla nazione dove vogliono andare, incluso Stati Uniti e Spagna. Molti governi hanno criticato il regime castrista perché non permetteva ai propri cittadini di uscire dal paese. Adesso che il divieto è caduto, i governi democratici non dovrebbero chiudere la porta ai cubani che vogliono viaggiare. Servirebbe un atteggiamento più generoso dall’altra parte del mare, una politica di accoglienza caratterizzata da un atteggiamento meno restrittivo in sede di concessione del visto d’ingresso. Gli Stati Uniti – nella fattispecie la Florida – sono il luogo più gettonato per le uscite dal paese, il posto dove i cubani possono trovare un lavoro e dare un po’ di respiro ai familiari che restano sull’Isola. Mai come oggi la ripresa economica di Cuba e il suo cambiamento politico – sociale dipendono dagli Stati Uniti e da come daranno attuazione alla Riforma Migratoria promulgata da Raúl Castro.

Gordiano Lupi

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