giovedì 16 agosto 2012

Triste, solitario y final

di Paolo Rigo




«Fa giorno con un cielo tutto rosso, sembra di fuoco, eppure il vento è fresco e umido e l'orizzonte una foschia grigia. I due uomini sono saliti in coperta e sono due facce ben diverse quelle che guardano verso la costa, celata dalla nebbia. Gli occhi di Stan hanno il colore della foschia; quelli di Charlie, il colore del fuoco. La brezza salata spruzza i loro visi di gocce trasparenti. Stan passa la lingua sulle labbra e sente, forse per l'ultima volta in questo viaggio, il gusto salato del mare»

A volte tendiamo a sottovalutare un autore solamente perché quell’uomo, quello scrittore è troppo lontano dagli standard di grandezza che un possibile orizzonte di pubblico, badate bene specializzato, elitario, rispetto alla stragrande maggioranza di lettori, ha posto come muro verso il Valhalla della santità classica. Tutta questa premessa per dire che credo che uno degli autori più sottovalutati del panorama mondiale letterario sia Osvaldo Soriano.

Urge precisare qualcosa: non è che Soriano non abbia avuto una discreta fortuna, non è che non abbia avuto qualche tipo di riconoscimento, basterebbe per tutti la collaborazione internazionale come firma dell’Unità, all’epoca davvero uno dei quotidiani più importanti nel panorama italiano per dare un’idea di quanto fosse cospicuo il rispetto e la gravida area che orbitava intorno allo scrittore argentino, ma bisogna assolutamente precisare che quando si vuole parlare di Soriano bisognerebbe considerare anche alcune questioni bibliografiche. Probabilmente non tutti sanno che uno dei maggiori successi in Italia dello scrittore, la raccolta di racconti Fútbol, altro non è che un vero pasticcio editoriale una raccolta sine consenso dell’autore, un’opera che ha la stessa intenzionalità autoriale delle vidas e razos medievali di UC de Saint-Circ: zero. Ma la questione è talmente lunga che avrebbe bisogno di un saggio a sé, vorrei invece spezzare una lancia, per quanto piccola, per elogiare la meravigliosa piccola luminosità di un testo come Triste, solitario y final.


Credo che sia uno dei libri più divertenti ed intelligenti che abbia mai letto dove Soriano mischiò un omaggio leggero, gustoso ad uno dei generi preferiti dall’autore, il noir, alla parodia, al comico, e per finire a un altre grande amore: Stanlio e Olio. Soriano fece tutto con una dovizia atipica, e del tutto casuale -almeno stando alla leggenda divulgata dallo stesso autore- se è vero che il libro prese corpo spontaneamente legando racconti, novelle e storie, una di seguito all’altro senza una vera e propria intenzionalità, e vi mise tutto, dipinse con mano ferma la storia di falliti senza speranza che pur sentendosi i migliori non riescono ad emergere mai, proprio come accade nei racconti. Se vi capita di leggere le scalcinate avventure di Mister Peregrino Fernández, beh, sono sicuro che rimarrete piacevolmente sconvolti dalla possibilità che quel terzino con la faccia grossa del Torino sia esistito davvero, e lo stesso accade con Stanlio: sarà stato davvero così triste? È incredibile la verosomiglianza con cui Soriano si muove nel mondo, guardandogli dentro e parodiandolo, lavandolo come si fa lavando una vecchia casseruola sporca. Bisogna pensare ai grandi per trovare tale capacità. Io dirò solo un’ultima cosa: Grazie Soriano.

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