sabato 16 giugno 2012

Forbidden Voices



Si è messa in testa di avere gli stessi diritti di cui gode un uomo nel suo paese. Ha usato la tecnologia come un megafono per denunciare le leggi che in Iran la rendono indifesa e in posizione subordinata rispetto ai maschi. Farnaz Seifi, blogger e femminista, è andata in esilio in Germania dopo essere stata arrestata e minacciata diverse volte nella terra dove è nata. Ha dovuto cominciare a scrivere sotto pseudonimo di fronte alla crescente coercizione di cui è stata vittima la sua famiglia. Il dramma che vive è millenario, ma lei sa che un giorno quella situazione assurda potrà finire, modificandosi in un istante. Questa piccola speranza l’ha convinta a non rassegnarsi e a entrare a far parte del movimento “Cambiamento per l’uguaglianza (http://we-change.org/english/)”, creato da una ventina di attivisti. Usa la tastiera per fermare le ingiustizie e le reti sociali come percorso di denuncia contro gli oltraggi che tante donne non osano narrare.

Zeng Jinyan, invece, è sostenuta dall’amore. L’affetto che la unisce a Hu Jia il famoso difensore dei diritti umani in Cina. Il suo sposo ha denunciato sistematicamente i maltrattamenti subiti dai malati di AIDS e i danni provocati all’ecosistema in un paese dove un partito unico promuove la sola versione ammissibile della realtà. Zeng ha raccontato grazie a Internet i momenti più difficili dei suoi ultimi anni, la detenzione e la prigione del marito, i lunghi periodi di arresti domiciliari che lei ha dovuto subire insieme al suo bambino e il tenero abbraccio del nuovo incontro quando il compagno è stato liberato. Curiosi paradossi provocati dalla tecnologia: le vietavano di uscire di casa, ma il ciberspazio riduceva la distanza tra lei e i suoi lettori.

Sono stata inserita pure io accanto a queste due donne ammirevoli, in un documentario che analizza l’uso dei nuovi mezzi di comunicazione come arma contro la censura. Con il titolo “Forbidden Voices”, la regista svizzera Barbara Miller ha riunito immagini, interviste e scene domestiche che completano l’essere umano nascosto dietro uno spazio Twitter, una persona virtuale molto più libera di quella reale. Questa è di sicuro la storia di quattro donne, tre di loro desiderose di trovare rispetto e spazio nelle rispettive società, e una quarta, l’autrice della pellicola, che munita di un obiettivo e molta pazienza esprime la sua ribellione grazie a un mezzo visivo.



Traduzione di Gordiano Lupi

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