domenica 27 maggio 2012

L’intellighenzia cubana: dibattere o nascondersi

di Yoani Sanchez
da www.lastampa.it/generaciony


Che cos’è un accademico? Che cos’è un intellettuale? Sono alcuni interrogativi che per molti anni mi hanno tormentata, anche prima di laurearmi in Filologia Ispanica. Quando ero un’adolescente arrogante, credevo che per essere l’uno o l’altro fosse necessario assumere pose, pronunciare le parole in un determinato modo, fare gesti precisi e persino vestire e fumare in una certa maniera. Con il tempo ho capito che la cultura non deve essere accompagnata da una barbetta appuntita, uno sguardo altezzoso, un paio di occhiali calati a metà naso, né da uno di quei berretti baschi inclinati che tanto piacciono ai nostri studiosi. Ho conosciuto persone che possedevano al tempo stesso conoscenze e audacia, sapienza e spontaneità, un immenso bagaglio culturale e un’umiltà encomiabile. Molti di loro non hanno mai conseguito un diploma universitario e non hanno pubblicato un solo libro. Al tempo stesso mi sono resa conto che, frequentemente, il mondo intellettuale cubano non è organizzato sulla base della sapienza, ma dell’opportunismo e della fedeltà ideologica. Abbondano gli esempi di “honoris causa” assegnati come premio alla militanza, invece di premiare le attitudini professionali. Sono moltissimi - purtroppo - gli espulsi e i confinati nei centri di investigazione per motivi di stretto carattere politico e non scientifico.

Ma andando oltre le apparenze, come simbolo di una confraternita di saggi e delle dimostrazioni di lealtà al governo che professano tanti nostri uomini illustri, una caratteristica si ripete in maniera preoccupante all’interno dell’intellighenzia nazionale: si tratta della sua incapacità di sostenere un dibattito con persone che all’interno dei confini dell’Isola non appartengono alle istituzioni santificate e create dal potere, la loro inettitudine quando è il momento di accettare la sfida della discussione con chi manifesta un pensiero non conforme. Un accademico cubano viaggia dall’Avana a San Francisco e permette che dal pubblico un nordamericano qualsiasi gli faccia domande e ponga interrogativi che in patria non tollererebbe neppure di ascoltare. Prende un volo per partecipare al LASA 2012 (Latin American Studies Association, dove si è recata Mariela Castro, ndt) e sembra disposto a sedere in uno spazio dove ci sono prospettive liberali, democratiche e antitotalitarie che a casa propria mai prenderebbe in considerazione. Non solo, l’intervento che pronuncia fuori dalle nostre frontiere è - senza dubbio - un poco più coraggioso e critico di quel che è solito affermare davanti ai suoi alunni, lettori o colleghi cubani. Tuttavia, una volta rientrato nel territorio insulare, se viene convocato per uno scambio di idee dalla società civile, dall’opposizione e dallo scenario alternativo, finge di non aver udito l’invito oppure insulta la controparte. Denigra, si agita, chiama Papà Stato in sua difesa; tutto questo e anche di più prima di accettare lo scambio di argomenti e di posizioni che così urgentemente necessita il nostro paese. Alla fine, si nasconde.

Per questo motivo è da tempo che non cerco più nei dizionari e nei manuali la definizione di uomo sapiente. Non citerò in questa sede tutte le indicazioni che mi aiutano a farmi un’idea personale della cultura di ognuno, ma vi dirò qual è la caratteristica che considero fondamentale nel mio soggettivo elenco. Si tratta della disposizione per la polemica e per il dibattito che una persona deve avere, della sua disponibilità ad ascoltare persino le tesi più antagoniste o le opinioni più alternative. Ammiro chi riesce a dibattere con l’avversario ideologico o accademico senza ricorrere ad arroganza, violenza verbale e offese personali. Non mi infastidisce che alcuni indossino gli abiti che ritengono tipici di un intellettuale, neppure che dicano di approvare al cento per cento le idee del governo che - guarda caso - paga i loro stipendi. Mi irrita e mi delude che i rappresentanti della cultura e del pensiero nazionale non vogliano usare la parola e le idee nel dibattito, sfuggendo al loro impegno scientifico di cercare la verità tenendo conto di ogni variabile.


Traduzione di Gordiano Lupi

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