giovedì 31 maggio 2012

Una principessa tra due mondi

Álvaro Vargas Llosa
Una principessa tra due mondi
La meticcia di Pizarro
Euro 15 – Pag.262
Edizioni Anordest – http://www.edizionianordest.com/


Edizioni Anordest propone una collana di autori latinoamericani e ispanici molto interessante. Sotto il titolo di Celebres Inéditos vengono raccolte opere che hanno riscosso un grande successo di critica e di pubblico oltreoceano, ma che da noi sono praticamente sconosciute. Il primo titolo è La moglie del colonnello del cubano Carlos Alberto Montaner, di ambientazione italiana, un romanzo erotico classico ricco di implicazioni politico - sociali e molto critico nei confronti della Cuba castrista. Il secondo - uscito da pochi giorni - è Una principessa tra due mondi - La meticcia di Pizarro, frutto della felice penna di un figlio d’arte come Álvaro Vargas Llosa, un autore peruviano già noto in Italia per i polemici Manuale del perfetto idiota latinoamericano e Il ritorno dell’idiota, scritti con la collaborazione di Montaner e Apuleyo Mendoza.

Una principessa tra due mondi non è un romanzo, ma un saggio storico, una biografia di una donna eccezionale come Francisca, figlia meticcia del conquistatore Pizarro, principessa dei due mondi, perché erede della tradizione Inca ma al tempo stesso la prima donna costretta a inaugurare l’età moderna. Álvaro Vargas Llosa racconta la vita di Francisca, rievocando la storia del Perù, gli albori della formazione come nazione creola, erede di vecchie tradizioni Inca e pronta a farsi sedurre da nuove commistioni ispaniche. Una biografia che si legge come un romanzo, perché l’autore ci porta a braccetto durante le guerre di successione, le lotte intestine tra i capi tribù e la morte di Pizarro, realizzando un affresco epocale della nascita del Nuovo Mondo. Francisca è costretta ad abbandonare la terra natia ma si rifà una vita accanto allo zio Hernando prefiggendosi il compito di riscattare il nome e l’eredità del padre. Álvaro Vargas Llosa narra con partecipazione le gesta eroiche di una donna affascinante e misteriosa, raccontando la conquista del Perù e di tutta l’America Latina da un punto di vista femminile. Lo stile è fresco, asciutto, senza tanti fronzoli, una scrittura che affascina e coinvolge, irretisce il lettore come se stesse leggendo un romanzo storico. In realtà niente è inventato nella narrazione di Álvaro Vargas Llosa, che ricostruisce gli eventi della conquista basandosi su fonti rigorose e verificabili.


Il prossimo titolo della collana Celebres Inéditos sarà Le porte della notte del cubano Amir Valle, esule da tempo in Germania e autore celebrato di romanzi noir. Seguirà Fernando Vélasquez Medina con Ultima rumba all’Avana, una storia di crudo realismo cubano in sintonia con lo stile e gli argomenti trattati da Pedro Juan Gutiérrez. Non lasciatevi sfuggire le proposte di questa intraprendente casa editrice che sta lanciando anche giovani italiani di talento partendo con la nuova edizione de Il vuoto intorno, romanzo di Claudio Volpe, nella collana Pensieri d’autori, edito in prima battuta da Il Foglio Letterario e presentato al Premio Strega.

Gordiano Lupi

martedì 29 maggio 2012

Il futuro con Mariela Castro


di Yoani Sanchez
da www.lastampa.it/generaciony


Lei porta un nome che ricorda gli accampamenti e io sono appena una Sánchez, mi porto dietro questa desinenza “ez” che un tempo voleva dire “figlio di” qualche Sancho. Sì, di qualcuno come quel ciccione che montava un asino mentre accompagnava e criticava Don Chisciotte, anche se io peso molte libbre di meno e non ho mai cavalcato neanche un pony. Lei è cresciuta in un luogo bello e comodo, mentre io ho passato la fanciullezza in un condominio popolare rumoroso e violento. Lei è sessuologa e psicologa mentre io assaporo i piaceri dell’amore ed evito le difficoltà della vita, anche se non mi sono mai laureata in nessun corso su tali argomenti. Lei è la figlia dell’uomo che ha ereditato per motivi di sangue la presidenza del mio paese, di quello stesso paese in cui mio padre perse anni fa la sua professione di macchinista di treni. Lei fa attenzione a ogni parola che dice mentre io da tempo ho rotto con il carcere delle opinioni e mi sono liberata da sola con le parole.

Lei teme l’abbraccio, una Cuba dove entrambe potremmo camminare liberamente, assistere senza problemi a un concerto o a un dibattito pubblico, uscire ed entrare senza chiedere permesso. Io la comprendo. Porta sulle spalle il peso di un’ascendenza che forse molte volte avrebbe voluto eliminare, negare, cancellare dalla sua vita. Io sono soltanto l’avventuriera, l’intrusa, senza pedigrì, senza un decoroso albero genealogico da esibire. I miei genitori non hanno combattuto sulla Sierra Maestra; le parole d’ordine forgiate in casa sua venivano sistematicamente negate nella mia; i discorsi che pronunciava il suo esaltato zio cadevano sopra gli scettici orecchi della mia parentela. Lei ha diritto ai microfoni, viene intervistata e lodata quando appare alla televisione nazionale, mentre il mio volto si vede solo circondato da aggettivi come “nemica”, “ciber terrorista”, senza concedermi – chiaro – il diritto di replica.

Lei ha potuto fare la sua tournée negli Stati Uniti senza che il notiziario cubano la definisse mercenaria. Ha detto che “voterebbe per Obama” e – sorpresa! – la stampa nazionale non l’ha accusata di essere “filo statunitense”. Lei è una prigioniera del suo lignaggio e io possiedo appena un passato verso cui guardare. In questo momento, mi sveglio pensando soltanto al domani. Io e lei, anche se questo fatto la spaventa e se insiste a negarlo, siamo parte di questo paese… figlie molto diverse di questa terra, frutti voluti e non voluti di questo sviluppo. Lei dovrà riconoscere che esisto, che ci sono, che questa Sánchez reclama il suo diritto a criticare le follie dei suoi mulini a vento.

Traduzione di Gordiano Lupi

domenica 27 maggio 2012

L’intellighenzia cubana: dibattere o nascondersi

di Yoani Sanchez
da www.lastampa.it/generaciony


Che cos’è un accademico? Che cos’è un intellettuale? Sono alcuni interrogativi che per molti anni mi hanno tormentata, anche prima di laurearmi in Filologia Ispanica. Quando ero un’adolescente arrogante, credevo che per essere l’uno o l’altro fosse necessario assumere pose, pronunciare le parole in un determinato modo, fare gesti precisi e persino vestire e fumare in una certa maniera. Con il tempo ho capito che la cultura non deve essere accompagnata da una barbetta appuntita, uno sguardo altezzoso, un paio di occhiali calati a metà naso, né da uno di quei berretti baschi inclinati che tanto piacciono ai nostri studiosi. Ho conosciuto persone che possedevano al tempo stesso conoscenze e audacia, sapienza e spontaneità, un immenso bagaglio culturale e un’umiltà encomiabile. Molti di loro non hanno mai conseguito un diploma universitario e non hanno pubblicato un solo libro. Al tempo stesso mi sono resa conto che, frequentemente, il mondo intellettuale cubano non è organizzato sulla base della sapienza, ma dell’opportunismo e della fedeltà ideologica. Abbondano gli esempi di “honoris causa” assegnati come premio alla militanza, invece di premiare le attitudini professionali. Sono moltissimi - purtroppo - gli espulsi e i confinati nei centri di investigazione per motivi di stretto carattere politico e non scientifico.

Ma andando oltre le apparenze, come simbolo di una confraternita di saggi e delle dimostrazioni di lealtà al governo che professano tanti nostri uomini illustri, una caratteristica si ripete in maniera preoccupante all’interno dell’intellighenzia nazionale: si tratta della sua incapacità di sostenere un dibattito con persone che all’interno dei confini dell’Isola non appartengono alle istituzioni santificate e create dal potere, la loro inettitudine quando è il momento di accettare la sfida della discussione con chi manifesta un pensiero non conforme. Un accademico cubano viaggia dall’Avana a San Francisco e permette che dal pubblico un nordamericano qualsiasi gli faccia domande e ponga interrogativi che in patria non tollererebbe neppure di ascoltare. Prende un volo per partecipare al LASA 2012 (Latin American Studies Association, dove si è recata Mariela Castro, ndt) e sembra disposto a sedere in uno spazio dove ci sono prospettive liberali, democratiche e antitotalitarie che a casa propria mai prenderebbe in considerazione. Non solo, l’intervento che pronuncia fuori dalle nostre frontiere è - senza dubbio - un poco più coraggioso e critico di quel che è solito affermare davanti ai suoi alunni, lettori o colleghi cubani. Tuttavia, una volta rientrato nel territorio insulare, se viene convocato per uno scambio di idee dalla società civile, dall’opposizione e dallo scenario alternativo, finge di non aver udito l’invito oppure insulta la controparte. Denigra, si agita, chiama Papà Stato in sua difesa; tutto questo e anche di più prima di accettare lo scambio di argomenti e di posizioni che così urgentemente necessita il nostro paese. Alla fine, si nasconde.

Per questo motivo è da tempo che non cerco più nei dizionari e nei manuali la definizione di uomo sapiente. Non citerò in questa sede tutte le indicazioni che mi aiutano a farmi un’idea personale della cultura di ognuno, ma vi dirò qual è la caratteristica che considero fondamentale nel mio soggettivo elenco. Si tratta della disposizione per la polemica e per il dibattito che una persona deve avere, della sua disponibilità ad ascoltare persino le tesi più antagoniste o le opinioni più alternative. Ammiro chi riesce a dibattere con l’avversario ideologico o accademico senza ricorrere ad arroganza, violenza verbale e offese personali. Non mi infastidisce che alcuni indossino gli abiti che ritengono tipici di un intellettuale, neppure che dicano di approvare al cento per cento le idee del governo che - guarda caso - paga i loro stipendi. Mi irrita e mi delude che i rappresentanti della cultura e del pensiero nazionale non vogliano usare la parola e le idee nel dibattito, sfuggendo al loro impegno scientifico di cercare la verità tenendo conto di ogni variabile.


Traduzione di Gordiano Lupi

sabato 26 maggio 2012

Yoani Sánchez si confida a Lorena Chauca

da Publimetro Perú



Yoani Sánchez ha un figlio adolescente, Teo, e un altro che ad aprile ha compiuto cinque anni. È un figlio digitale, il suo blog, chiamato Generación Y. Publimetro Perú ha conversato telefonicamente con la blogger più letta nel mondo, e quella che ha provocato più gatte da pelare a Fidel e Raúl Castro. Per questo non può uscire da Cuba.

Camila Vallejo non ha voluto incontrarti quando è venuta a Cuba. Quale credi che sia il motivo?

Non solo non ha voluto incontrare me, la richiesta proveniva da diversi ambienti, da persone che non militano in alcun partito ma fanno parte della società civile. Purtroppo, Camila si è lasciata irretire dalle indicazioni governative ed è stato un vero peccato perché la sua immagine internazionale pare l’esatto contrario. Si mostra contestataria e coraggiosa, ma a Cuba si è lasciata pilotare dal governo e rinchiudere in un programma prestabilito. La sua immagine ne è uscita distrutta ed è stato uno spettacolo penoso. Il governo castrista si è rinforzato usando l’immagine di Camila e al tempo stesso ha danneggiato la sua essenza più irriverente.

In una recente intervista rilasciata a Publimetro, Camila ha detto che il problema non è che il comunismo è fallito ma che “non è mai esistito un vero comunismo”. È proprio così?

Concordo con la sua opinione, ma il fatto che il comunismo non è stato mai messo in pratica non assolve le persone che dicono di averlo praticato. Il partito di Cuba è il Partito Comunista e sui cartelloni politici che si trovano ovunque c’è scritto che questo è socialismo. Allora, o Camila Vallejo sta smentendo i governanti dell’isola, cosa molto positiva, o siamo vittime di un miraggio.


Chi non ha mai frequentato il tuo blog potrebbe pensare che dedichi tutti i tuoi post ai fratelli Castro. In realtà è fatto soprattutto di molte cronache della vita quotidiana dell’isola…


Il problema è che io non sono un’analista, mi considero fondamentalmente una cittadina che racconta ciò che accade intorno a lei. Non pretendo di trarre conclusioni, ma solo che il lettore si renda conto dei problemi quotidiani narrati da una persona che deve fare la coda per il pane, soffrire i problemi del trasporto e che deve pure affrontare la censura.


Una delle riforme più importanti fatte da Raúl Castro è stato il permesso di comprare e vendere case e auto. Coma procede questo cambiamento?

È stata la riforma raulista più rischiosa, perché si trattava di un settore paralizzato, che viveva nell’illegalità da quattro decadi. Noi cubani non eravamo realmente proprietari delle nostre case. La compravendita di case può distruggere uno dei simboli fondamentali del sistema: un supposto egualitarismo. Adesso stiamo vivendo una fase di redistribuzione della popolazione nei diversi quartieri. I nuovi ricchi, che magari non avevano ereditato una buona casa, hanno l’opportunità di comprare case grandi e situate in migliori posizioni. Tutto questo comporterà a medio termine una redistribuzione della popolazione, ci saranno quartieri ricchi e quartieri poveri.


Ti sembra una riforma positiva?

Sì, e inoltre mi fa piacere che sia stata fatta dal castrismo, perché se l’avesse dovuta fare qualcun altro, i difetti della riforma sarebbero stati attribuiti al liberalismo. Il problema reale è che non esiste un mercato immobiliare, non ci sono annunci pubblici di vendita, quindi la diffusione delle informazioni si realizza, proprio come prima, nella illegalità. La riforma è positiva, ma è incompleta


I tuoi critici dicono che sei dalla parte degli Stati Uniti. È così?

È il cartellino che il governo cubano appende su tutti coloro che osano criticare lo Stato, l’argomento viene usato come la metafora del lupo nei racconti infantili. Quando qualcuno crea problemi a chi governa tentano di associarlo con gli Stati Uniti. In ogni caso, Fidel è più filo statunitense di me, parla sempre degli Stati Uniti, pensa sempre agli Stati Uniti, ha vissuto in quel paese ed è là che ha imparato l’inglese. La sua grande ossessione della vita è contrastare le politiche di Washington. Io sono una cittadina cubana che non vuole andarsene dal paese, amo Cuba, ma la vorrei vedere senza alcun tipo di ingerenze. Siamo stati per molto tempo un satellite dell’Unione Sovietica, cosa che ha sminuito la sovranità nazionale. Dobbiamo recuperare la nostra indipendenza.


Quindi, senza ingerenze, né del Venezuela, né degli Stati Uniti...

Esattamente. Non possiamo finire nelle mani di un altro impero, né possiamo essere dipendenti, come adesso, che la nostra sorte è legata alla salute di Hugo Chávez, dipendiamo dai centomila barili di petrolio che manda ogni giorno. In futuro ci dovrà essere maggiore partecipazione di tutti i cubani, perché il nostro paese non è limitato al territorio insulare. Oltre due milioni di cubani vivono all’estero, e quando il governo cubano parla di ingerenze, in realtà parla del diritto sovrano dei cubani che vivono fuori dall’isola di decidere, esprimere un’opinione, votare.

Dicono ancora i tuoi critici che l’intervista che hai fatto a Barack Obama non sarebbe vera, affermano che non è stato lui a rispondere, questo secondo un rapporto di Wikileaks….

L’intervista a Barack Obama è stata ratificata dal Dipartimento di Stato e dalla Casa Bianca. Per me è più che sufficiente. Il rapporto di Wikileaks dimostra soltanto che Obama ha inviato le sue risposte per una revisione al suo rappresentante all’Avana. Mi sembra una cosa normalissima, perché un presidente ha un gruppo di lavoro, persone con cui riguarda certe cose prima di renderle pubbliche. Il problema è che a Cuba siamo abituati al fatto che per 53 anni Fidel Castro non si è mai lasciato consigliare da nessuno, non c’è mai stata una persona in grado di dirgli: “Comandante, così non va bene”. Il rapporto di Wikileaks dimostra solo che Obama lavora in equipe.

Cosa pensi del divieto di partecipazione per Cuba al Vertice Panamericano?

In questo tema c’è molta confusione, ma noi cubani stiamo riuscendo a capire. Cuba non è stata esclusa, l’escluso è solo il governo cubano, che non rappresenta tutti i cubani. La censura ha fornito al governo cubano un magnifico argomento per rinforzare la propaganda basata sul vecchio leitmotiv: il mondo ci mette da parte e visto che viviamo sotto assedio, “dissentire equivale a tradire”. Io avrei preferito che il governo cubano fosse invitato a partecipare e che in tale sede gli dicessero tutto quel che non va bene, ciò che avrebbe dovuto fare e che non ha fatto. A mio parere l’argomento delle Malvinas e il tema di Cuba hanno assunto un’importanza troppo vasta in Vertice Panamericano che avrebbe potuto dare maggiori risultati.


Cosa pensa del visto concesso dagli Stati Uniti a Mariela Castro, la figlia di Raúl?

È un gesto distensivo fatto dal governo degli Stati Uniti nei confronti del governo cubano. Mariela ha bisogno di partecipare a dibattiti che non siano come gli incontri protetti ai quali è abituata all’Avana. Le due volte che ho avuto l’occasione di scambiare opinioni con lei, una di persona e l’altra su Twitter, è stata aggressiva e infantile. La prima volta mi ha dato della “gallina”, e su Twitter ha definito me e altri blogger “vermi spregevoli”. Una persona che si occupa del tema della diversità e della tolleranza deve apprendere che la diversità non è soltanto la libertà di scegliere la persona con cui andare a letto, ma anche quale giornale leggere e quale partito seguire. La cosa curiosa è che Mariela Castro è stata invitata a una conferenza organizzata dal Latin American Studies Association di San Francisco, un evento molto importante che si tiene ogni due anni. L’ultima edizione ha avuto luogo a Toronto e io ero invitata a una tavola rotonda sulle nuove tecnologie, avevo il visto canadese, ma il governo cubano non mi ha dato il permesso di uscire dal paese.

Il suo sostegno ai diritti dei gay è forse la sola cosa che condivide con Mariela Castro…

Mariela ha fatto molto per la comunità LGTB cubana. Ha aiutato un popolo machista ad aprire un poco di più la mente. Ma la mia critica principale nei suoi confronti è che la comunità LGTB cubana è capace di rappresentarsi da sola, non ha bisogno di un eterosessuale, né di una persona del governo che la rappresenti.

Mariela è il volto nuovo del regime castrista?

Non credo che abbia ambizioni politiche, ma il tema che sta trattando e la dolcezza che trasmette nei mezzi di comunicazione ufficiali cercano di rendere più lieve quel patriarcato militare tipico del castrismo. Senza dubbio la sua presenza rappresenta un elemento di moderazione.


Sei diventata molto assidua di Twitter. Come puoi usare così spesso Twitter, visto che ogni messaggio costa un dollaro e la connessione a Cuba è così complicata?

Qui non abbiamo Internet in casa, l’accesso domestico è un privilegio riservato alle persone politicamente corrette. Noi cittadini possiamo solo andare in un hotel e pagare sei dollari per un’ora di connessione. Adesso, dopo molti anni che lavoro in maniera privata e dedico le mie risorse personali a Twitter, questo è il lusso che ho deciso di concedermi, perché a Cuba l’informazione è un lusso. Inoltre, molti amici di Twitter mi aiutano pagandomi la connessione. La scelta è tra fare così o tacere. Preferisco che mi accusino di spendere un dollaro a messaggio e non che i miei nipoti mi accusino di essere stata zitta di fronte a quel che accade.

Ti impediscono di uscire da Cuba. Per quale motivo pensi che lo facciano?

In primo luogo perché sanno che tornerei. Quando si rendono conto che una persona è scomoda, cercando di obbligarla ad andare in esilio, in 53 anni di regime si sono sempre liberati in questo modo dei non conformi. Ma io non voglio vivere in nessun altro posto del mondo che non sia questa isola e loro lo sanno bene. Temono che le persone possano ascoltarmi e questo potrebbe contribuire a eliminare molte menzogne che sono state dette sul mio conto. Inoltre non mi lasciano uscire come una forma di punizione: sono come una bambina che Papà Stato non fa uscire di casa.

Tu e la tua famiglia come affrontate questa situazione?

Quando conobbi mio marito Reinaldo (Escobar), nel 1993, lui era già un giornalista espulso dai mezzi di comunicazione ufficiali. Abbiamo intrapreso una strada comune per crescere come persone. Con nostro figlio non abbiamo mai avuto difficoltà, lui è al corrente di tutto. Ho perso molti amici in questi cinque anni, gente che teme di incontrarmi, di bussare alla mia porta, ma al tempo stesso ne ho incontrati molti. Questa situazione mi è servita per riconoscere i veri amici, e nonostante l’assedio psicologico, la vigilanza sotto la mia casa, i controlli telefonici, sono riuscita a fare della mia famiglia una roccaforte unita.


Proprio in merito alla sorveglianza di cui tu e Reinaldo siete vittime, hai scritto: “Facciamoli (al poliziotto che sorveglia) staccare l’orecchio dalla parete oppure, obblighiamoli a scarabocchiare su un foglio: “1.30 a.m,. gli obiettivi stanno comportandosi come persone che si amano”. Gli obiettivi effettivamente si amano, no?

Esatto, loro possono riuscire a denigrare la mia immagine su Internet, insultarmi, possono seguirmi per tutta L’Avana, o avere apparecchi GPS che individuano dove mi trovo, ma non possono toccare le cose che mi rendono felice, come i cuori delle persone che mi sono vicine. Questo è quel che cerco di difendere, e al tempo stesso, la principale protezione che in questo momento possiedo.


Lorena Chauca / Publimetro Perú
Traduzione di Gordiano Lupi

martedì 22 maggio 2012

Si cambia FIAT argentina per tetto cubano

di Yoani Sanchez
da www.lastampa.it/generaciony


Gli venne assegnata per i suoi meriti e la comprò a un prezzo sovvenzionato nel 1975, lo stesso anno del primo congresso del Partito Comunista. Si guadagnò l’opportunità di comprare quella fiammante FIAT 125, fabbricata in Argentina, perché era un medico all’avanguardia e un rivoluzionario irreprensibile. La prima volta che la parcheggiò nella sua strada di provincia, i vicini di casa lo guardarono con invidia e rispetto. Quando era al volante si sentiva come chi stava per fare il primo passo verso un promettente iter di benessere. Ma il tempo passò, sul suo corpo e anche sulla carrozzeria bluette che cominciò a scolorirsi e ad ammaccarsi. Adesso l’auto sta per compiere gli stessi anni di sua figlia minore, 37 primavere di benefici e difficoltà.

Per decenni rinunciò a sottoporla a una revisione integrale, perché il suo stipendio da pediatra non bastava neppure per sostituire il parabrezza. A metà degli anni Novanta, non ne poteva più e così noleggiò la FIAT a un vicino che trafficava prodotti sul mercato nero. Tra lasciarla ossidare in garage e affittarla a qualcuno con possibilità economiche, scelse la seconda opportunità. In quel modo, l’auto assegnata come premio per la fedeltà ideologica finì nelle mani di una persona che non sarebbe mai stata scelta dalle istituzioni per ricevere un simile privilegio. La moneta della lealtà politica era sconfitta da un’altra più reale, sonante e convertibile.

Quando fu autorizzata la compravendita di auto, decisero di legalizzare il trasferimento di proprietà. Il solvibile vicino - che aveva già investito per acquistare nuovi copertoni, aria condizionata e persino sedili foderati in cuoio - consegnò la cifra di mille CUC (900 dollari) per chiudere l’affare. Non volle dare neppure un centesimo di più, perché aveva già pagato un noleggio mensile per diversi anni. Finalmente, davanti a un notaio, la FIAT andò a ingrossare l’elenco delle 8390 auto vendute nel primo trimestre del 2012. Con il denaro ottenuto, il medico comprò i materiali per restaurare il tetto della sua casa e liberarsi delle tegole danneggiate, vecchie di cent’anni. Scambiò così l’oggetto che una volta era stato il suo maggiore orgoglio per una lastra di cemento che non avrebbe mai potuto edificare con il suo salario.


Traduzione di Gordiano Lupi

venerdì 18 maggio 2012

Maiale “nelle scatoline”


di Yoani Sanchez


Il mercato è quasi vuoto. È ancora molto presto e sopra una tavoletta qualcuno scrive il nuovo prezzo di una libbra di carne di maiale. Sembrerebbe un gesto semplice compiuto da una mano che si limita a modificare appena un dato nel prezzo delle costine, del prosciutto o del grasso di maiale. Ma, in realtà, ciò che viene messo in evidenza su quella lavagna - nei suoi numeri tracciati con il gesso - è un vero e proprio cataclisma commerciale. L’economia interna cubana è talmente fragile che basta il lieve rincaro di un chilogrammo di bistecca o di strutto per mettere in ginocchio il nostro debole sistema commerciale. Se il prezzo di un alimento aumenta di alcuni centesimi, il termometro dell'angoscia quotidiana comincia salire, il grado d’ansia subisce un incremento.

Proprio un simile stato di allarme percorre in questi giorni il paese. Il maiale scarseggia per carenza di mangime, dato che le importazioni sono diminuite e la produzione locale non riesce a decollare. Il settore dei lavoratori privati soffre la mancanza del prodotto che è alla base delle cosiddette “scatoline”, che comprendono quasi sempre riso, qualche tubero e un po’ di carne. Un pranzo “economico” che rappresenta il sostegno di molti cubani che lavorano fuori di casa ed è anche alla base della gastronomia privata. Quando “la scatolina” sale di prezzo trascina con sé tutto il resto. Il venditore di scarpe aumenta il costo della sua merce per recuperare il denaro perduto nello spuntino di mezzogiorno; la negoziante che ha pagato un prezzo maggiore per un paio di sandali cercherà di ricavare la differenza dai clienti poco cauti che non controllano il resto e la casalinga in pensione scriverà al figlio che vive a Francoforte o a Miami affinché le mandi più denaro, perché la vita è diventata molto cara. Tutta questa sequenza di problemi e malesseri comincia in un porcile, in un luogo dove il mangime e i maiali dovrebbero trasformarsi in chilogrammi di carne, ma questo obiettivo non si raggiunge.

Traduzione di Gordiano Lupi

martedì 15 maggio 2012

La morte di Carlos Fuentes


Ho appreso della morte dello scrittore messicano Carlos Fuentes (1928) dal Twitter di Yoani Sanchez, che lo ricorda con una foto di un libro famoso scattata sul balcone della sua casa avanera. "Lo scrittore messicano Carlos Fuentes è morto. I suoi libri sono disseminati per tutta la mia casa, le sue parole accompagnano molti miei ricordi", ha scritto. Per saperne di più: http://it.wikipedia.org/wiki/Carlos_Fuentes.

Cuba dopo Chávez


di Carlos Alberto Montaner

Le relazioni tra Venezuela e Cuba saranno l'eredità più complessa che lascerà Hugo Chávez. I rapporti attuali tra i due governi si basano su una strana subordinazione emotiva, politica e ideologica che il leader bolivariano prova nei confronti di Fidel Castro e non corrispondono agli interessi e alle scelte dei venezuelani. Secondo recenti sondaggi, oltre l'82% dei venezuelani (molti seguaci di Chávez) affermano di non desiderare che nel loro paese venga riprodotto un modello politico simile a quello cubano. Sono pochi a dirsi soddisfatti del fatto che il Venezuela continui a sovvenzionare con migliaia di milioni di dollari l'improduttivo e ostinato collettivismo instaurato dai fratelli Castro.
Perchè Chávez ha trasformato il Venezuela nel finanziatore a fondo perduto di Cuba? I motivi sono svariati, ma il più importante è che il tenente colonnello ha trovato in Fidel Castro una sorta di guida politico - spirituale capace di indicargli ciò che doveva fare e come portare a termine certi progetti. Fidel era il suo guru, il suo padre putativo, il suo protettore contro i pericoli che lo minacciavano in Venezuela e che nel mese di aprile del 2002 furono sul punto di costargli il potere e la vita.
Fidel, inoltre, ha fornito a Chavez un'ottica compatibile con il marxismo e un'epica missione internazionalista che lo avrebbe consegnato per sempre alla storia: sconfiggere gli Stati Uniti e sotterrare il capitalismo. Con la sapienza di Fidel, arricchita da tre decenni di apprendistato presso la santa madre sovietica, unita all'impetuosa giovinezza di Chávez e al suo fiume di petrodollari, i due avrebbero trionfato nel compito di salvare il mondo, nonostante il tradimento dell'Unione Sovietica.
Per Chávez questo protettorato ideologico, strategico, poliziesco, così diverso al poco confidabile universo dei suoi collaboratori, corrotti e potenzialmente sleali, era molto importante. Chávez si è consegnato mai e piedi al Comandante, la sua unica fonte di sicurezza, assecondandolo in ogni sua richiesta.
I due leader, sintonizzati in un identico delirio, sono arrivati al punto di accarezzare l'idea di federare i due paesi, creando una commissione di esperti per verificare la fattibilità del progetto. Chávez si è messo sotto la protezione degli efficienti servizi segreti cubani che gli hanno dato informazioni sul comportamento degli alti ufficiali e dei suoi più importanti collaboratori.
Oggi nessuno dell'entourage di Chávez osa parlare liberamente ai microfoni dell'Avana. L'opposizione è controllata e vigilata dai cubani, ma persino i sostenitori di Chávez vengono spiati senza remore.
Se Chávez uscirà di scena, che senso avrebbe per il prossimo inquilino di Miraflores, pure se sarà un chavista, continuare una relazione assurda, basata sul vassallaggio emotivo di un leader dipendente in tutto e per tutto da Fidel? Che senso avrebbe mandare avanti un rapporto di subordinazione nei confronti di una nazione molto più povera?
Il politologo venezuelano Aníbal Romero è solito affermare che gli sforzi internazionalisti del castrismo sono sempre finito nel più totale fallimento. Le guerriglie castriste, a volte dirette dagli stessi cubani, sono state sconfitte in tutta l'America Latina negli anni Sessanta, Settanta e Ottanta. I cubani hanno trionfato solo in Nicaragua, aiutati dai governi di Venezuela e Costa Rica, ma solo per perdere il potere un decennio dopo, in seguito a elezioni democratiche.
Il peruviano Velasco Alvarado, il panamense Noriega, il cileno Allende, capi di Stato vicini all'Avana, furono cacciati dal potere senza che Cuba potesse evitarlo. L'Angola e l'Etiopía oggi hanno regimi lontani anni luce dal modello comunista che il sangue versato da molti cubani aveva contribuito a instaurare. Non c'è alcun motivo per dire che l'influenza castrista potrebbe permanere in Venezuela dopo la morte di Chávez. Cuba è specializzata in sconfitte. Questa è sempre stata la sua storia.

Traduzione e riduzione in italiano di Gordiano Lupi

Carlos Alberto Montaner, giornalista e scrittore cubano in esilio, il suo ultimo libro è La moglie del colonnello, edito in Italia a maggio 2012 da Anordest Edizioni. - www.firmaspress.com - © Firmas Press

Recensione de Il Foglio a La moglie del colonnello di Montaner

lunedì 14 maggio 2012

Yoani Sánchez e la Festa delle Madri Cubane



La Festa della Mamma a Cuba non è una ricorrenza commerciale come in Occidente, non ha niente a che vedere con il commercio di fiori e cioccolatini, né con regali costosi predisposti da interessate multinazionali. La Festa della Mamma a Cuba è un evento importante, la Giornata delle Madri, che il cubano festeggia porgendo gli auguri a ogni donna - madre. La festa è così sentita che Batista concesse l'amnistia a Fidel Castro e ai rivoltosi catturati dopo il fallito assalto al Cuartel Moncada, proprio in tale data, per mostrare la sua volontà di pacificazione nazionale. Troppo tardi...

Venendo ai tempi moderni, la blogger cubana Yoani Sánchez ha festeggiato il giorno della mamma pubblicando alcuni post su twitter più da madre che da dissidente. “Ricordo le pedatine nell'utero, le notti in bianco, i pensieri per garantirgli una buona alimentazione; l'affetto, le domande, l'abbraccio, la maternità...”, ha scritto, confessando che suo figlio l'ha fatta diventare “più tollerante, più attenta ai problemi degli altri, più incline al perdono”. Ha concluso: “Oggi dovrebbe essere la sua festa, non la mia! Auguri, Teo!”.

Yoani ha fatto riferimento alla situazione di grande separazione che vive il popolo cubano: “Nessuna ideologia, nessun governo dovrebbe separare una madre dai suoi figli. Le tavole di molte famiglie conservano una sedia per un ritorno”. Ha continuato: “Se non fossi madre forse tacerei, applaudirei, simulerei. Ma due occhietti neri mi pongono interrogativi, di fronte a loro non posso evitare di compiere il mio dovere”. Madre da 17 anni, Yoani non può pensare a una vita senza le domande incisive del suo Teo che considera “un motivo per andare avanti. Sia benedetta la maternità!”. Poco prima che arrivasse il Giorno delle Madri, Yoani pensava “a tutte quelle cubane separate dai loro figli per colpa di assurde regole migratorie”, che tengono i suoi connazionali prigionieri della loro isola.

“La situazione è così delicata - avverte Yoani Sánchez- che la scintilla può scoppiare in qualsiasi momento, può essere una partita di baseball come una casalinga arrabbiata per l’alto prezzo della carne di maiale”. Nel Giorno delle Madri, “la Madre Cuba attende che i suoi figli si tolgano la maschera, si decidano ad agire e finalmente siano artefici del loro futuro”.

Gordiano Lupi

venerdì 11 maggio 2012

Più rossa che croce

di Yoani Sanchez
da www.lastampa.it/generaciony


Nel corso dell’ultima settimana, i mezzi di comunicazione ufficiali hanno insistito oltre il dovuto per raccontare l’origine e il funzionamento della Croce Rossa cubana. Pochi giorni prima dell’8 maggio, data di fondazione di questo corpo umanitario, sono state pubblicate diverse inchieste per spiegare la sua neutralità e il carattere di soccorso. Durante il notiziario trasmesso nell’ora di maggior ascolto sono state intervistate persone che dedicano la vita a soccorrere le vittime di incidenti o di conflitti. Sono senza dubbio storie di generosità personale e di filantropia che si vedono compensate da una vita salvata o da un peggioramento fisico scongiurato. Ma il motivo di certi omaggi e cronache non è soltanto quello di commemorare e dare il giusto riconoscimento al comitato fondato da Henri Dunant nel 1863. La televisione nazionale cerca anche di ripulire la deplorevole immagine lasciata da uno di quei volontari cubani durante la messa celebrata da Benedetto XVI a Santiago di Cuba.

A questo punto, sono pochi coloro che in questa Isola non hanno visto il video nel quale un uomo - vestito con la divisa della Croce Rossa - colpisce e lancia una barella contro Andrés Carrión, che aveva gridato uno slogan contro il sistema. La scena provoca tanta repulsione, denota tanta viltà, che persino certi sostenitori del governo si dissociano da un simile comportamento. Commuove la sproporzione di forze tra un uomo che non può difendersi e un altro che lo schiaffeggia aggredendolo con un oggetto di pronto soccorso. L’incidente ha prodotto una richiesta di spiegazioni da parte del Comitato Internazionale della Croce Rossa (CICR) e persino un’insolita dichiarazione di scuse (https://twitter.com/#!/cicr_espanol/status/187575337843032066/photo/1) fornita dalla controparte cubana. Ma non è bastato. Non sono stati messi primo piano soltanto l’ira di un paramilitare travestito da personale sanitario o il rancore ideologico che si fomenta giorno dopo giorno senza valutare le conseguenze. Si è messo a nudo che le autorità del nostro paese non si pongono limiti etici quando si tratta di reprimere un’opinione differente. Se per camuffare le loro truppe d’assalto avranno bisogno di vestirle come una compagine sportiva, degli “studenti spontanei” o un gruppo medico, lo faranno. Non si fermano neppure di fronte ai simboli internazionali e utilizzano con scopi politici il prestigio di associazioni straniere senza fini di lucro. Tutto questo si deve sapere, è ora di finirla con le ingenuità.

Cappuccetto Rosso ha poche opportunità: il lupo dell’intolleranza può travestirsi da nonna, da madre che consegna i dolci e persino da taglialegna che viene a liberarla.


Traduzione di Gordiano Lupi


Más roja que cruz

Durante la última semana, los medios oficiales han insistido sobremanera en el origen y funcionamiento de la Cruz Roja en Cuba. Alrededor del 8 de mayo, fecha de la fundación de este cuerpo humanitario, se han publicado varios reportajes sobre su carácter auxiliador y neutral. Entrevistados para el noticiero estelar, aparecen quienes llevan un accionar sacrificado para socorrer a las víctimas de accidentes o de conflictos. Sin dudas, historias de desprendimiento personal y de filantropía que se ven compensadas con una vida que se salva o con un agravamiento físico que se evita. Pero el motivo para estos homenajes y crónicas no es solamente el de conmemorar y darle su justo reconocimiento al comité fundado por Henri Dunant en 1863. La televisión nacional trata también de limpiar la lamentable imagen dejada por uno de esos voluntarios cubanos durante la misa de Benedicto XVI en Santiago de Cuba.

A estas alturas, son pocos los que en esta Isla no han visto el video donde un hombre –vestido con el emblema de la Cruz Roja- golpea y lanza una camilla contra Andrés Carrión, quien había gritado una consigna anti-sistema. La escena mueve a tanta repulsa, denota tanta bajeza, que hasta partidarios del gobierno muestran su rechazo a tales prácticas. Conmueve la desproporción de fuerzas entre alguien que no puede defenderse y aquel otro que lo abofetea y lo ataca con un objeto de primeros auxilios. El incidente derivó en un pedido de explicación por parte del Comité Internacional de la Cruz Roja (CICR) y hasta en una inédita nota de disculpas (https://twitter.com/#!/cicr_espanol/status/187575337843032066/photo/1) de su contraparte cubana. Pero no ha sido suficiente. Lo que ha quedado en evidencia no es sólo la ira de un paramilitar disfrazado como sanitario o el rencor ideológico que se fomenta a cada paso sin medir las consecuencias. Se ha desnudado también que las autoridades de nuestro país carecen de límites éticos cuando de reprimir una opinión diferente se trata. Si para camuflar su tropa de choque tienen que vestirla como un equipo deportivo, unos “estudiantes espontáneos” o un grupo médico, lo harán. No se detienen y echan mano de emblemas internacionales y hasta utilizan con fines políticos el prestigio de ONGs extranjeras. Eso tiene que saberse, basta de ingenuidades.

Caperucita tiene pocas oportunidades: el lobo de la intolerancia puede disfrazarse de abuela, de la madre que le dio los pasteles y hasta del propio leñador que viene a rescatarla.

giovedì 10 maggio 2012

Omofobia e ragion di Stato

Mariela Castro annuncia una grande manifestazione di regime


Mariela Castro, direttrice del Centro Nacional de Educación Sexual (CENESEX) e figlia di Raúl, ha detto durante una conferenza stampa che all’Avana verrà realizzata la V Giornata contro l’Omofobia. L’evento sarà una sorta di gay pride di Stato, non spontaneo ed espressione di un’esigenza che viene dal basso, ma organizzato da una struttura governativa. La Giornata contro l’Omofobia prevede incontri sul tema della diversità sessuale e riunioni contro l’omofobia. Tutto sarà dedicato alla memoria del grande scrittore cubano Virgilio Piñera (1912-1979), messo a tacere dal regime negli anni Settanta proprio per la sua omosessualità e recuperato dopo la sua morte. Nei giorni scorsi il cantante italiano Cristiano Malgioglio è stato ospite di Mariela Castro, visto che la reputa persona in grado di operare cambiamenti nella società cubana. Il nostro famoso connazionale non si è posto il problema dei gay non rivoluzionari e non si è fatto la domanda più semplice: perché un gay pride di Stato? Cuba vieta le libere associazioni di persone, preferisce organizzare il consenso e indirizzare i cittadini verso eventi decisi dall’alto, espressione della volontà governativa.



Il disegnatore satirico Omar Santana, su El Nuevo Herald, stigmatizza questa “Quinta giornata contro l’omofobia” con una battuta arguta e irriverente rivolta ai gay: “Potete farvi vedere. Non ci sono problemi…” ma poi aggiunge: “Occhio, solo i rivoluzionari!”. Infatti sono previste manifestazioni spontanee organizzate dall’associazione omosessuale non legata al governo ma frutto della spontanea partecipazione dei cittadini. Ovviamente la loro sfilata sarà controllata e repressa.

Gordiano Lupi

martedì 8 maggio 2012

Il percorso della plastica

di Yoani Sanchez - da www.lastampa.it/generaciony



Il contenitore di spazzatura all’angolo della strada giace per terra, caduto e con un enorme buco nel fondo. Era stato messo lì appena alcuni mesi fa, con il suo voluminoso corpo grigio pronto a inghiottire rifiuti. Ma non ha resistito: il vandalismo, unito alla pessima qualità del materiale, lo hanno ridotto in uno stato quasi inservibile. Una strada più avanti un altro contenitore ha subito una sorte peggiore ed è scomparso, dopo che era stato situato nei pressi della stazione di Tulipán. Altri due, privati delle ruote e con il coperchio smarrito, riposano a pochi metri dalla linea ferroviaria. Secondo un funzionario della Empresa de Comunales, all’Avana vengono rubati “fino a 50 contenitori di spazzatura in un solo giorno”. Di notte sono strapieni - tra cattivo odore, mosche e gatti vagabondi - e la mattina seguente non ci sono più, resta solo il contenuto rovesciato sulla strada.

Sono molti i modi per valutare lo stato materiale di una nazione, ma uno di questi consiste nel fare l’elenco delle cose che la gente saccheggia dagli spazi pubblici. Ricordo quando, nei primi anni Novanta, dovevano essere custodite le lampadine dei corridoi e degli ascensori quasi come fossero lingotti d’oro che pendevano dal tetto. Svaligiare era diventata una forma di protesta; un gesto che univa l’appropriazione indebita e la rivincita sociale contro uno Stato che - per troppo tempo - è stato proprietario di tutto. Di solito non trema la mano per il saccheggio a chi è cresciuto accanto a genitori che vivevano sottraendo risorse nel loro centro di lavoro. Sono persone che diventano adulte praticando il furto espresso, reati da farabutti caratterizzati da necessità.

Le ruote del contenitore di rifiuti vanno a finire nel carrello con cui si carica l’acqua nei quartieri dove la distribuzione è precaria. La struttura di plastica segue un percorso più lungo, viene liquefatta e trasformata in pinze per tendere vestiti, imbuti per travasare combustibile o spremiagrumi. Vista la mancanza di un mercato all’ingrosso dove comprare materie prime, qualunque oggetto che si trova nella pubblica strada può essere trasformato in un prodotto da vendere. Non restano tracce, solo alcune scaglie di colore grigio che nella spazzola pelavare ricordano il contenitore di spazzatura situato all’angolo della strada.


Traduzione di Gordiano Lupi

giovedì 3 maggio 2012

Gli Stati Uniti chiedono libertà di movimento per Yoani Sánchez



Il governo degli Stati Uniti, in occasione della Giornata Mondiale per la Libertà di Stampa che si celebra oggi - giovedì 3 maggio 2012 -, ha chiesto al governo cubano di rispettare la libertà di movimento della blogger Yoani Sánchez.

Nella sua pagina digitale - www.humanrights.gov/2012/04/18/free-the-press/, il Dipartimento di Stato deplora i regimi autoritari che tentano di mettere il bavaglio alla dissidenza, proprio come accade a Cuba.

Il testo ricorda che Yoani, autrice del popolare blog Generación Y, pubblicato in Italia da La Stampa di Torino (www.lastampa.it/generaciony), non può uscire dal suo paese. La giornalista ha chiesto al governo di Raúl Castro il documento di libera uscita (la cosiddetta tarjeta blanca) ben 19 volte in quasi quattro anni, senza mai ottenerlo, anche se la Dichiarazione Universale dei Diritti Umani difende il diritto di ogni persona di entrare e uscire liberamente dal proprio paese.

In questa Giornata Mondiale per la Libertà di Stampa, il governo degli Stati Uniti chiede a tutti i governi del mondo di non imporre restrizioni di movimento ai giornalisti e ai dissidenti che esercitano il loro diritto alla libertà di espressione.

Gordiano Lupi

mercoledì 2 maggio 2012

Primo Maggio a Cuba - sfilano i cuentapropistas

PER LA PRIMA VOLTA SFILANO I LAVORATORI PRIVATI


Cuba ha celebrato il Primo Maggio con i soliti cortei di massa, ma questa volta sono stati impostati sul tema della riforma del modello economico. Va sottolineata la novità della partecipazione dei lavoratori del nuovo settore privato. Raúl Castro ha guidato la manifestazione principale della Giornata dei Lavoratori in Piazza della Rivoluzione, all'Avana, dove ha avuto luogo la tradizionale sfilata con uno straordinario bagno di folla. In questa occasione i primi a sfilare sono stati i lavoratori della sanità pubblica, dietro un enorme cartello con sopra scritto: "Conservare e perfezionare il socialismo".

Salvador Valdés, segretario generale della Central de Trabajadores de Cuba (CTC), ha pronunciato il discorso principale, che ha avuto come fulcro la volontà di "riaffermare" il piano di riforme economiche intraprese nel paese per perfezionare il socialismo. Valdés ha riconosciuto che "questa battaglia economica" non è priva di "ostacoli e difficoltà", ha invitato tutti i lavoratori ad alzare i livelli di produttività, potenziare il risparmio, combattere con energia corruzione e indisciplina. Non sono mancate nè la richiesta di eliminare il cinquantennale embargo economico, nè la pretesa libertà per i cinque agenti segreti prigionieri negli Stati Uniti, che il regime definisce eroi. Valdés ha avuto persino la faccia tosta di inviare un messaggio di solidarietà ai lavoratori "vittime" della crisi economica internazionale che subiscono repressioni per rivendicare i loro diritti. Da quale pulpito viene la predica! Un governo che non concede alcun tipo di diritto ai propri cittadini solidarizza con gli altrui diritti violati... Il leader del sindacato unico (organo del Governo e non associazione di lavoratori) ha detto che la strada del futuro è il lavoro privato. Raúl Castro si propone di eliminare mezzo milione di impiegati pubblici, da ora al 2015, al termine di un processo che ha già soppreso 140.000 posti statali. Altri 110.000 si aggiungeranno entro la fine dell'anno. Il lavoro autonomo è l'alternativa alla disoccupazione. Proprio per questo motivo il Primo Maggio cubano ha visto la novità della partecipazione in massa da parte dei cuentapropistas.


Gordiano Lupi