mercoledì 29 giugno 2011

Chavez sta bene e parla con Fidel Castro


Nella foto vediamo Chavez in compagnia di Fidel Castro davanti al Granma di martedì 28 giugno.
I mezzi di stampa cubani ci tengono a far sapere che Chavez sta bene, anche se continua a trovarsi nell'isola caraibica dopo due settimane dall'operazione. Chavez appare in buona forma mentre indossa una tuta sportiva e conversa con l'amico di sempre.

martedì 28 giugno 2011

A Cuba si celebra la prima sfilata gay

Nessun incidente al Prado


Una ventina di cittadini hanno sfilato questo martedì nel Prado avanero per celebrare il Giorno dell’Orgoglio Gay, circondati da un grande spiegamento di forze di polizia. Si tratta della prima attività di questo tipo tollerata dal regime. La marcia era stata convocata dall’Osservatorio Cubano per i Diritti LGTB (lesbiche, gay, bisessuali e transessuali), organizzazione che aveva invitato “tutti i cittadini cubani” a festeggiare la data.

“A partire da questo momento celebreremo sempre il 28 giugno a Cuba. Siamo soddisfatti”, ha affermato Ignacio Estrada, dell’Osservatorio LGTB.

Omosessuali ed eterosessuali, tra loro attivisti, blogger e turisti, hanno passeggiato per la strada centrale avanera impugnando bandiere gay, senza che le autorità intervenissero per impedirlo.

“C’erano molte camionette e tanto personale militare, ma non sono intervenuti”, ha detto dall’Avana il blogger Orlando Luis Pardo (Lunes de Post Revolucion).


“Nel corso della sfilata i partecipanti hanno parlato di personalità come Reinaldo Arenas e Virgilio Piñera”, ha detto Estrada.

“Si tratta di un segnale positivo”, ha riferito Pardo Lazo, aggiungendo che “gli attivisti hanno marciato convinti e con un tono molto rivendicativo”.

Alla fine della sfilata, i partecipanti si sono abbracciati, come previsto dalla convocazione. Il Governo ha programmato diverse attività ufficiali alla stesa ora della sfilata, con finalità di boicottaggio.



Gordiano Lupi

Il caso degli italiani in galera a Cuba

La bambina è stata sepolta viva
Il primo indizio del crimine è stato il braccio della studentessa scomparsa. Lo aveva tra i denti un cane dopo aver scavato nel luogo dove era stato sepolto il cadavere. La vittima è una baby prostituta tossicodipendente di appena 12 anni.

Cubani arrestati dopo la morte della minorenne. Da sinistra a destra: Yaína Pardo Muñoz, Ileana Muñoz Yero e Ramón Enrique Alvarez

Tre italiani e almeno una dozzina di cubani sono ancora in prigione dalla metà del 2010, senza che contro di loro sia stato instaurato un procedimento penale. Le circostanze del crimine verificatosi nella città di Bayamo, provincia orientale di Granma, sono ancora un enigma e la stampa cubana mantiene un totale silenzio sul caso. Le versioni che circolano sono contrastanti. Alcune testimonianze affermano che la bambina - asmatica cronica - è morta in una casa dove partecipava a una festa, dopo un arresto respiratorio dovuto al troppo alcol ingerito, senza escludere la possibile influenza di droghe. Ma due persone che hanno visto il video della ricostruzione dei fatti, hanno detto alla rivista indipendente cubana Café Fuerte che la vittima è morta per asfissia, perché è stata sepolta viva.

“Il video fa capire che la bambina non è morta durante la festa, ma successivamente, a causa della terra che le ha impedito di respirare. È stata portata fuori dalla casa, messa nel bagagliaio di un’auto turistica e sotterrata a venti chilometri dal luogo del malore, alla periferia della città”, riferisce una fonte che vuole mantenere l’anonimato.

Si pensa che i principali responsabili dell’omicidio siano riusciti a uscire dal paese, cosa che ha complicato il processo investigativo e la messa in stato di accusa dei possibili implicati.

Il giornalista - blogger Ernesto Morales, residente a Bayamo, è stato il primo a diffondere la notizia nel suo blog El Pequeño Hermano, nello scorso mese di agosto. Vive a pochi metri dal posto dove si è verificata tragedia, nella Calle Parada, tra Pío Rosado y Capote.


Jeep di Ramón Enrique Alvarez, catturato durante la retata


La vittima indossava la divisa scolastica della secondaria.

“Il suo piccolo corpo è stato rinvenuto molto tempo dopo il crimine, tra gli arbusti, in avanzato stato di decomposizione. Una piccola prostituta è morta in una casa privata, vittima di una dose eccessiva di droga che un turista italiano le ha fatto consumare”, scrisse Morales. “Quando è stata scoperta e fotografata dalla squadra di polizia, portava ancora la gonna gialla dell’uniforme della scuola secondaria”.

Morales ha detto a Café Fuerte che sono circolate liberamente per la città di Bayamo copie video dell’autopsia e una presentazione del crimine in formato Power Point, nonostante agenti della Sicurezza avessero fatto in modo che tutti i documenti inerenti il crimine venissero sequestrati e resi indisponibili al pubblico.

Da sinistra a destra: Luigi Sartorio, Angelo Malavasi e Simone Pini, italiani arrestati dopo la morte di una minorenne a Bayamo


La tragica festa aveva avuto luogo il 14 maggio. Quattordici giorni dopo è stato scoperto il cadavere ed è cominciata l’indagine con il supporto di nuclei operativi provenienti dall’Avana. Uno spiegamento di forze che non si era mai visto nella piccola città di Bayamo, nota soprattutto per aver dato il titolo all’inno nazionale. Strade chiuse per ore, cittadini che non potevano uscire dal quartiere, neppure per andare al lavoro, anche se non erano coinvolti nell’operazione.

Far sparire il corpo

I cubani arrestati (circa 15 persone) sono stati reclusi nella Prigione Provinciale Las Mangas, a Bayamo. I tre italiani sono stati trasferiti all’Avana, dopo il loro arresto, avvenuto lo scorso giugno.

Gli italiani sono: Simone Pini, 43 anni, Angelo Malavasi, 45, e Luigi Sartorio, 44. Tutti e tre hanno negato ogni addebito nelle interviste rilasciate dopo l’arresto e anche alla blogger Yoani Sánchez.

Tra i cubani arrestati, tre avevano partecipato direttamente all’azione di far sparire il corpo della minorenne; due di loro sono noti con i soprannomi di “Pincho” e “Carmenate”.

Secondo quel che scrive Morales, si trovano ancora in stato di arresto Luis Carlos e Sandra, proprietari della casa dove si è tenuta la festa. Sembra che la donna sia figlia di un alto ufficiale del Ministero degli Interni che è stato direttore delle carceri nella provincia di Granma.

“La loro licenza per affittare appartamenti era scaduta”, aggiunge il giornalista indipendente.

Sono ancora agli arresti Yaína Coset Pardo Muñoz, 31 anni, impiegata del Museo di Archeologia di Bayamo e prossima a laurearsi in Studi Socioculturali; sua zia Ileana Victoria Muñoz Yero, 50; Rebeca González, detta “Milka”, 60, che affittava la sua casa a Malavasi; e Ramón Enrique Alvarez, proprietario di un appartamento.

Illegalità durante il processo

I familiari dei detenuti hanno denunciato comportamenti arbitrari durante il procedimento penale.

“Non è dato sapere perché abbaino coinvolto mia moglie nel caso”, ha detto Jorge Antonio Fernández, marito di Yaína Pardo. “Possiamo provare che quando è avvenuto il crimine lei assisteva a una conferenza, non conosce nessuna delle persone arrestate, eccetto sua zia”, ha aggiunto. Fernández ha ribadito che alla moglie non sono state mosse imputazioni formali, ma che le è stato fatto capire di trovarsi in galera per presunti crimini legati a corruzione, tratta di persone e pornografia. “Nessuno dice niente. Il processo è segreto. Ho visto l’avvocato difensore due volte in otto mesi e mi ha detto di non aver mai avuto accesso al fascicolo penale”, ha concluso Fernández.

Rafael Iglesias, ex marito di Milka, risiede in Florida insieme al figlio di entrambi. Ha detto che sono state le due minorenni che avevano affittato la casa insieme all’italiano a incolpare la donna. Milka è malata di cancro al seno e ha problemi di leucemia. Neppure il suo avvocato ha avuto accesso agli atti penali. Iglesias non ha potuto far visita a Milka in carcere.

Angelo Malavasi insieme a una giovane bayamesa

Confessione sotto tortura

Due degli italiani incriminati sostengono che non si trovavano a Cuba quando si è verificato il crimine; il terzo dice di aver firmato una dichiarazione sotto tortura.

Pini e Sartorio assicurano che erano in Italia; Malavasi è l’unico che si trovava a Bayamo. I tre sono stati collegati alla morte della minorenne per alcune foto che li ritraevano insieme a lei. Adesso sono accusati di omicidio, incitamento alla prostituzione e traffico di droga.

Sartorio e Pini sono reclusi all’Avana, nella dura prigione del Combinado del Este, dove Yoani Sánchez si è recata a far loro visita, mentre Malavasi è stato destinato a La Condesa, un carcere che garantisce un trattamento migliore.

Malavasi, che ha viaggiato molto in America Centrale, afferma di non aver mai conosciuto la ragazzina. “Preferisco morire piuttosto che continuare a stare in galera a Cuba”, ha detto alla Gazzetta di Modena. Malavasi ha fatto uno sciopero della fame alla fine del 2010.

“Ero venuto a Cuba per trascorrere quattro mesi di vacanza. Me ne stavo a casa mia, tranquillo. Una mattina sono arrivati alle 5 e 30 a prendermi, mi hanno detto che avevo partecipato a un omicidio e che ero stato visto in compagnia di ragazzine. A mio parere il caso è stata una conseguenza dell’inchiesta sugli altri due italiani, che si trovavano nel nostro paese quando sono accaduti i fatti di cui ci accusano. Pure loro sono stati arrestati la mattina all’alba”, ha detto a Il Resto del Carlino lo scorso 14 gennaio.

Alcune persone che hanno conosciuto Malavasi a Bayamo lo definiscono un uomo pacifico che da tempo conviveva con una donna cubana. Secondo testimonianze reperite dalla rivista Café Fuerte, la polizia di Bayamo controllava da tempo le mosse degli italiani che vivevano nella città, perché il loro tenore di vita contrastava con quello dei cittadini cubani.

Luigi Sartorio con il figlio cubano
Una lettera di denuncia

“Alcuni di loro vendevano vestiti e uno ha avuto problemi per comprare una casa. Gli italiani residenti a Bayamo erano una decina ed erano conosciuti da molte persone”, dice una fonte che vuole restare anonima.

Sartorio, proprietario di un negozio di ottica a Verona, ha detto di essere stato arrestato il 2 giugno a Holguín e di aver confessato sotto tortura di aver partecipato alla festa, ma adesso assicura che non è vero, perché nei giorni in cui è morta la minorenne si sarebbe trovato in Italia.

“Mi hanno messo in una cella buia, larga due metri, priva di aria e di acqua. Mi sono visto obbligato a dire che ero presente alla festa, sia per inesperienza che per le torture”, ha scritto in una lettera ai mezzi di stampa italiani, riprodotta dal Corriere Veneto.

L’impresario ha un figlio di quasi un anno con una donna cubana residente a Holguín, chiamata Ilen.

Un’ex fidanzata di Sartorio conferma che l’italiano si trovava in Italia, ma vuole restare anonima e rilascia solo poche dichiarazioni a Café Fuerte: “So che non può aver ucciso, né spacciato droga”, ha detto la ragazza che adesso risiede in Italia. “L’ho visto a Verona a casa di sua madre, proprio nel periodo in cui sono accaduti i fatti”, conclude.

Legami familiari

La sorella di Sartorio, Gilda Ornella, afferma che il fratello è stato in Italia fino al 28 maggio. “Lavora in Italia, sei mesi all’anno, e vive a Verona. Ma la sua famiglia è a Holguín. Ha un figlio di un anno e una bellissima compagna che lo adora”, ha scritto Ornella sul Giornale di Vicenza. La donna si è lamentata del fatto che il fratello è stato arrestato il 2 giugno, ma la famiglia non è stata informata dei fatti fino al 26 luglio. Anche Pini ha un figlio a Bayamo. Assicura che si trovava in Italia tra il 30 marzo e il 24 maggio, giorno in cui è tornato a Bayamo. Ha presentato alle autorità cubane ricevute di cene con amici a Firenze, un esame della vista effettuato all’ospedale di Careggi e una contravvenzione spiccata dalla polizia di Campi Bisenzio.

Morales scrive che attualmente si trovano a Bayamo almeno 15 italiani, regolarmente identificati e conosciuti dalla popolazione. Molti di loro vivono nelle case che vengono date in affitto.

“Gli italiani si approfittavano delle loro possibilità economiche per procurarsi donne a Bayamo”, ha commentato Morales. “In un’occasione ho sentito uno di loro vantarsi del fatto che al suo paese non avrebbe mai potuto avere tutte le donne che ha avuto a Cuba”.

L’Italia è il terzo paese in fatto di turismo verso Cuba, dopo Canada e Inghilterra. Lo scorso anno ben 112.298 italiani hanno visitato l’isola.

Gordiano Lupi

Caffettiere pericolose

di Yoani Sanchez

Una settimana fa il periodico Granma ha pubblicato una breve notizia che non avrebbe sfigurato in un’antologia dell’assurdo. Con un tono molto didattico e persino un po’ stizzoso, spiegava ai lettori come fare il caffè in una caffettiera italiana. Per un popolo bevitore incallito di caffè, è stato abbastanza ridicolo sentirsi spiegare il modo di ottenere quella bevanda calda e scura. L’articolo era illustrato da varie foto, nelle quali si mostravano le “corrette” proporzioni di acqua e polvere da aggiungere. Se qualche lettore straniero avesse letto il testo, avrebbe pensato che noi cubani ci stavamo avvicinando per la prima volta a quello che gli schiavi africani chiamarono “il nettare nero degli dei bianchi”.

Il problema è che sul mercato razionato adesso viene distribuito solo un caffè mescolato con chicharos (una specie di piselli cubani, ndt) al 50 per cento. La miscela oltre ad avere un gusto pessimo, contiene un tremendo pericolo: fa esplodere le caffettiere perché ostruisce la valvola di scappamento. Sono piovute lamentele sul Ministero del Commercio Interno, ma soprattutto diverse persone sono finite in ospedale per curarsi bruciature e ferite dopo aver assistito a una tremenda esplosione nella loro cucina. L’umorismo popolare ha soprannominato “Bin Laden” la nuova miscela di caffè, alludendo ai pericolosi effetti che provoca sui consumatori.

Lo scontento è stato così grande che il sobrio periodico del Partito Comunista, se è visto obbligato a raccontarlo all’interno delle sue pagine. Va da sé che secondo la versione del quotidiano nazionale, non è colpa della strana miscela composta da chicchi di qualità arabica e chícharos importati, ma dei consumatori che non sono capaci a prepararla. Invece di placare gli animi, la spiegazione ha prodotto un maggior senso di fastidio. Al cattivo sapore del caffè mescolato con chícharos, si unisce adesso la sensazione di essere ridicolizzati dai mezzi di comunicazione ufficiali.


Traduzione di Gordiano Lupi

Cafeteras peligrosas

di Yoani Sanchez

Hace una semana el periódico Granma publicó una breve nota, que bien pudiera figurar en una antología del absurdo. Con un tono muy didáctico y hasta algo regañón, explicaba a los lectores cómo hacer una colada en una cafetera italiana. Para un pueblo bebedor empedernido de café, resultó bastante risible que le dijeran el modo de lograr esa bebida caliente y oscura. El artículo iba acompañado también de varias fotos, donde se mostraban las proporciones de agua y polvo “correctas” que se debían añadir. Si algún lector extranjero hubiera leído aquel texto, pensaría que los cubanos comenzábamos a interesarnos por primera vez en eso que los esclavos africanos llamaron “el néctar negro de los dioses blancos”.

El asunto es que por el mercado racionado ahora sólo se distribuye un café mezclado con chícharos al 50 porciento. La composición además de tener un gusto pésimo, encierra además un peligro tremendo: hace explotar las cafeteras al tupirles la válvula de escape. Las quejas han llovido sobre el Ministerio de Comercio Interior, y también varias personas han terminado en el hospital con quemaduras o heridas después de presenciar un estruendoso ¡Pum! en su cocina. El humor callejero ha apodado a la nueva mixtura de café como “Bin Laden”, aludiendo a los peligrosos efectos que provoca en sus consumidores.

El descontento ha sido tan elevado, que el sobrio periódico del Partido Comunista, se vio obligado a narrarlo en sus páginas. Claro, que según la versión de este diario nacional, la culpa no la tiene la extraña mescolanza del grano variedad arábica con chícharos importados, sino los consumidores que no lo saben preparar. En lugar de apaciguar los ánimos, tal argomento generó más molestias. Al mal sabor del café mezclado, se le suma ahora la sensación de estar siendo ridiculizados por los medios oficiales.

lunedì 27 giugno 2011

Paseo orgoglioso

di Yoani Sanchez


Il Paseo del Prado mette in mostra le sue belle sculture di leoni, fuse a partire da munizioni e armi della nostra guerra d’indipendenza. Quando fu inaugurato con le ampie panchine di marmo e i frondosi alberi ai due lati, si trasformò rapidamente in un luogo d’incontro e di svago. Parte della sua ampia struttura venne edificata proprio dove una volta c’era la muraglia dell’Avana, che separava la parte dentro le mura della città e la cittadella che stava crescendo intorno. Oggi, questo viale scorre tra il centro storico affollato di turisti e l’altra parte della capitale piena di gente ammucchiata e di strade distrutte. I felini di bronzo, nonostante tutto, continuano a mostrare la stessa nobiltà d’un tempo, il vecchio sogno di grandezza che la nazione accarezzava agli inizi del XX secolo.

Anche il Prado, il nostro Prado, ha vissuto momenti di totale oblio solo perché era stato ideato e costruito durante la Repubblica. Quando la storia fu riscritta di nuovo e i vincitori dipinsero con colori cupi tutto il passato, neppure la criniera e le fauci di quelle statue si salvarono dalla critica. Un viale così centrale finì per essere dimenticato, non dalle persone che continuavano a passeggiare lungo la strada alberata, ma dalla retorica ufficiale. Di fatto non si citava mai il suo ampio viale dotato di parco centrale durante i programmi televisivi, né venivano organizzate attività ludiche o politiche all’ombra dei suoi alberi. Tuttavia, i venditori casuali, i bambini che vivevano nelle vicinanze, le coppiette che cercavano un luogo appartato per scambiarsi effusioni, approfittarono della mancanza d’interesse istituzionale e si appropriarono del Prado. In uno dei suoi incroci più centrali venne installata la cosiddetta “borsa della permuta”, una sorta di mercato alternativo di scambio di case in un paese dove è ancora proibita la compravendita di abitazioni.

Solo molto tempo dopo, lo storico della città recuperò quella lunga strada appartata. Cominciò un breve periodo di restauro, ma il Paseo del Prado rimase nelle mani dei passanti e dei bambini, perché fino a oggi ogni sua piccola parte mette in evidenza uno splendore passato che infastidisce il potere. Invece, Piazza della Rivoluzione, con le riunioni di massa e i lunghissimi discorsi di cui è teatro, non ha mai potuto essere un luogo spontaneo di aggregazione. È la grande differenza tra un posto che un popolo sceglie per veder giocare i suoi figli, riposare alcuni minuti prima di proseguire il cammino o fermarsi a osservare il tramonto, e un altro dove viene spinto ad andare in massa, come fosse un plotone. Sembrava proprio che con le loro zanne immortalate in un gesto di sfida, le sculture dei leoni si fossero sempre burlate dei lunghi anni di abbandono istituzionale. Nonostante volessero sminuirne l’importanza, loro continuavano a essere i preferiti delle persone che venivano dalla provincia per scattare una foto ricordo del soggiorno all’Avana.

Forse per tutta questa storia a metà strada tra fastosità e omissione, il Paseo del Prado è stato il luogo prescelto per celebrare il giorno dell’orgoglio gay a Cuba. Una comunità appartata, che ha dovuto subire per decenni il machismo culturale e le politiche repressive dello Stato, vuole sfilare per strada il prossimo 28 giugno. La convocazione è stata proclamata da un gruppo alternativo che tutela i diritti di gay, lesbiche, bisessuali e transessuali. Le pressioni della polizia politica sui principali organizzatori si sono fatte sentire sin dal momento dell’annuncio, ma fino a oggi l’idea è ancora valida. Nel frattempo, Mariela Castro - figlia del presidente in carica - continua a negare dal suo centro studi in materia sessuale (CENESEX) la necessità di organizzare simili manifestazioni pubbliche. Al suo posto, la nota psicologa, ha proclamato lo scorso 17 maggio una giornata per celebrare la data in cui l’organizzazione mondiale della salute ha cessato di considerare l’omosessualità come un disturbo psichico. Ma da qui a permettere che la comunità LGBT cubana sfili in maniera autonoma e scenda per le strade a festeggiare la sua diversità, ce ne corre. Fino a questo momento le campagne per far accettare la libera scelta amorosa, sono state nelle mani delle istituzioni ufficiali,senza lasciare che fossero gli stessi interessati a rappresentare le loro istanze. È chiaro che tutto questo rientra nell’impossibilità di associarsi liberamente, mancanza cronica dell’intera società cubana.

Con un gesto di sfida, i promotori della celebrazione per il giorno dell’orgoglio gay, hanno cominciato a diffondere inviti per tutta la città. La componente contagiosa tipica delle reti d’informazione alternativa è dalla loro parte. Ma va messo in conto che un paio di giorni prima della sfilata della diversità, la Sicurezza di Stato possa arrestare o minacciare molti di loro. Qualcosa di simile è già accaduto in passato e ha fatto naufragare identici progetti. Nonostante tutto, la scelta del Paseo del Prado come luogo per l’incontro, avvantaggia e protegge chi riuscirà ad arrivare fino a lì. I turisti con le loro inquiete macchine fotografiche, i bambini curiosi che si muovono da una parte all’altra, le coppiette incaute che si abbracciano sedute sulle panchine, senza rendersene conto faranno da scudo protettore. E i leoni - sì, proprio i leoni! - vivranno ancora una volta il loro momento di gloria, tra vestiti sgargianti, stelle filanti, canti di diversità e strette di mano. In quel giorno, gli artigli e le criniere fuse nel bronzo di una guerra passata, sembreranno meno aggressivi, con una dose in meno di testosterone, con un pizzico in più di splendore.

Traduzione di Gordiano Lupi

domenica 26 giugno 2011

La salute di Chavez


Le autorità cubane mantengono il più stretto riserbo sulle condizioni di salute di Chavez, paragonate a una sorta di segreto di Stato. Il disegnatore satirico Omar Santana - in compenso - ironizza sulla presenza di un santero in ospedale, che cerca di scacciare dal corpo del presidente venezuelano ogni influenza negativa.
Chavez, infastidito dal rumore che fa mentre lui sta telefonando, dice: "Perchè non tace?".
Chavez è stato operato il 10 giugno scorso a Cuba e alcune fonti attendibili confermano che le sue condizioni di salute sarebbero complesse, non gravi, ma difficili. C'è chi parla di un cancro alla prostata. Nicolas Maduro, dal Venezuela, si è espresso con toni gravi: "La battaglia che sta combattendo il presidente per la sua salute è la battaglia di tutto il popolo venezuelano".

sabato 25 giugno 2011

Yoani Sánchez incontra un italiano accusato di omicidio


“Mi hanno espulso dal Combinado del Este con queste parole: Lei non è autorizzata a stare qui. Ma prima ho potuto parlare per 20 minuti con due italiani reclusi da oltre un anno che sono ancora in attesa di processo”.

Ricordiamo i fatti. Siamo nella metà del mese di maggio del 2010, una studentessa cubana di 12 anni muore apparentemente per overdose. Le indagini si svolgono con la tipica segretezza cubana, senza clamori di stampa. Il corpo dell’adolescente viene rinvenuto in stato di decomposizione nei pressi di una discarica di Bayamo. L’autopsia rivela - senza ombra di dubbio - che la morte è in relazione a un eccessivo consumo di droga. Alla fine vengono arrestati tre italiani, ritenuti coinvolti nel crimine, e sono subito rinchiusi nel carcere del Combinado del Este. Giacinta Oddi, incaricata dell’ambasciata italiana, si reca a far visita ogni giorno ai tre prigionieri: Simone Pini, Luigi Sartorio e Angelo Malavasi, coinvolti nel caso, che hanno sempre professato la loro innocenza.

La blogger cubana Yoani Sánchez afferma: “Ho ricevuto lettere disperate da parte dell’italiano Simone Pini, che mi hanno convinto ad andare a fargli visita in carcere, cosa che ritengo mio dovere di giornalista che racconta il quotidiano”. Secondo la Sánchez il Combinado del Este è una “prigione triste, piena di prigionieri”. A suo parere il principale motivo del sovraffollamento carcerario è che “nel nostro paese troppe cose sono proibite”.

Simone Pini ha dichiarato che non si trovava a Cuba il 14 maggio, quando successe il tragico incidente fatale, ma la polizia sostiene di avere le prove del suo ingresso anteriore nel paese, in forma clandestina, nonostante il visto ufficiale sul passaporto. Pini ha scritto in una lettera alla famiglia italiana di essere arrivato a Cuba dieci giorni dopo il fatto, per far visita al figlio e alla moglie che vivono a Cuba. Yoani Sánchez ha parlato con Pini e subito dopo ha scritto su Twitter: “Non so dire se quest’uomo sia colpevole o innocente, ma so che si trova in prigione da oltre un anno e non ha ancora avuto un regolare processo”. Le accuse contro Pini sono molto gravi: procurato omicidio, traffico di droga e sfruttamento della prostituzione infantile. Rischia fino a vent’anni di reclusione. Gli altri due italiani: Luigi Sartorio e Angelo Malavasi, di Vicenza, si trovavano alla festa del 14 maggio che provocò la morte della studentessa per overdose.

Le autorità cubane non rilasciano molte informazioni sul caso e l’avvocato che rappresenta i tre italiani non ha potuto visionare il fascicolo penale. 

venerdì 24 giugno 2011

SILVIO RODRIGUEZ, RAUL CASTRO E L'IMMOBILISMO CUBANO


Il disegnatore satirico Garrincha ironizza sulla parole pronunciate dal popolare cantautore "di regime" Silvio Rodriguez, esponente della Nuova Trova come Pablo Milanes e Carlos Varela, ma più allineato alle posizioni ufficiali.

"Prima delle riforme di Raul Castro a Cuba c'era una situazione di incomprensibile immobilismo che ha danneggiato l'economia del Paese", ha detto Silvio alla stampa. Garrincha raffigura il cantante mentre afferma: "Lo vedi? Si muove?". Il povero cubano è disegnato come un soldatino su un piedistallo che oscilla a destra e a sinistra. La didascalia spiega: Silvio Rodriguez è contento delle riforme di Raul Castro contro l'immobilismo.

giovedì 23 giugno 2011

Jorge Cervantes García in percolo di vita


Jorge Cervantes García, il dissidente cubano in sciopero della fame e della sete da 25 giorni, è stato ricoverato d’urgenza nel reparto terapia intensiva dell’ospedale di Santiago de Cuba. La signora Alba García, madre di Cervantes, ha riferito a Radio Martí che suo figlio versa in gravi condizioni di salute e che viene tenuto lontano dai suoi familiari. La polizia sorveglia l’ospedale, impedisce a dissidenti e amici di avvicinarsi alla famiglia del degente per portare conforto e sostegno.

Il dissidente José Daniel Ferrer García ha riferito che la stampa non ha potuto parlare con la famiglia perché il telefono della signora Alba è stato oscurato. La Dama in Bianco Belkis Cantillo ha aggiunto: “Abbiamo fatto pervenire ad Alba un telefono di un altro dissidente, così la famiglia ha potuto rilasciare dichiarazioni”.

I dissidenti collegati al movimento Cuba Democracia !Ya! -tramite l’ex prigioniero politico Agustín Cervantes, fratello del dissidente in sciopero della fame e della sete - hanno proclamato una manifestazione di protesta per domenica prossima, davanti all’Ambasciata cubana a Madrid.

Cervantes è in sciopero della fame da 25 giorni, per chiedere la sua liberazione da un’ingiusta detenzione per motivi politici. Il dissidente è stato arrestato il 29 maggio scorso con l’accusa di aver esposto cartelloni antigovernativi, in realtà semplici denunce di problemi sociali. I medici dicono che le sue condizioni di salute sono gravi e che stanno deteriorandosi sempre di più. La situazione del dissidente è molto delicata. “Non vorremmo dover denunciare un nuovo assassinio di Stato”, affermano i dissidenti.


Gordiano Lupi

martedì 21 giugno 2011

Segreto di Stato

di Yoani Sánchez


In merito alle condizioni di salute del presidente cubano per decenni è stato mantenuto il massimo riserbo. Era l’argomento meno trasparente della vita nazionale, che veniva affrontato solo se era proprio necessario dare notizie sullo stato fisico del governante. A un certo punto, il 31 luglio 2006, è stato diffuso un comunicato che annunciava la malattia fulminante di Fidel Castro. Ricordo che quella sera il mio telefono fu sul punto di andare in tilt, perché tutti gli amici chiamavano per verificare se avevano sentito davvero la notizia. Il giorno successivo la malattia era di dominio pubblico, tutti parlavano sussurrando, i viali erano sorprendentemente vuoti e la gente evitava di guardasi direttamente negli occhi. Molte persone, nate e cresciute sotto il potere interminabile di uno stesso uomo, erano costernate. Si vedevano espressioni tristi, ma devo confessare che la maggior parte dei cubani sembrava tirare un sospiro di sollievo.

Dopo abbiamo passato una fase durante la quale ci somministravano a piccole dosi i referti medici e solo gli ospiti stranieri affermavano di aver visto il Comandante in Capo, mentre a noi non lo mostravano. All’Avana fu organizzato un Vertice dei Paesi Non Allineati, nel quale il convalescente in divisa verde oliva venne nominato leader temporaneo del movimento, nonostante la sua assenza. Si continuavano a fare molte congetture sulla sorte di Fidel Castro. Respirava ancora o era andato a rimpinguare il panteon delle figure storiche? La stampa ufficiale manteneva il silenzio, alternandolo con espressioni trionfalistiche sui miglioramenti di salute. Pochi coraggiosi osavano dire a voce alta che la salute di un governante non poteva essere considerata un segreto di Stato ed erano in numero ancora minore coloro che pretendevano la rinuncia al potere, visto che non poteva più adempiere alle sue funzioni. Sono dovuti passare quasi tre anni perché fosse proprio il paziente a confessare in una delle riflessioni pubblicate su Granma, di essere stato in fin di vita. Abbiamo finalmente scoperto che quando le persone ammesse al suo cospetto riferivano: “Sta percorrendo campagne e paesi”, “Vivrà fino a 120 anni”, “Ha una condizione fisica invidiabile”, in realtà mentivano. Forse si trattava di una macchinazione politica, per continuare a farci dominare dal suo carisma paralizzante. Siamo stati imbrogliati ancora una volta.

Abituati a leggere i bollettini medici al contrario e a non fidarci delle diagnosi benigne, non è passata inosservata la convalescenza di Hugo Chávez nel nostro pese. Anche con lui, come fecero a suo tempo con Fidel Castro, hanno cercato di dissipare tutte le preoccupazioni e non sono stati resi pubblici i dettagli sulla malattia. Il segreto in merito all’operazione chirurgica praticata sul presidente venezuelano, fa pensare che ci stanno nascondendo qualche informazione. Come in quella estate di quattro anni fa, manca la chiarezza, perché gli scarni comunicati ufficiali cercano soltanto di distrarre l’attenzione delle persone. Pare di rivivere la paranoia di quei giorni in cui calò una vera e propria cortina di silenzio sulle condizioni di salute di una persona anziana, sul fatto che un dirigente potesse continuare o meno a guidare la “sua truppa”.

La convalescenza di Chávez presenta per noi anche altre implicazioni. Mette in evidenza la fragilità dell’uomo, il lato umanamente vulnerabile che si nasconde sotto la giacca rossa. Per questo motivo la dipendenza economica che unisce Piazza della Rivoluzione a Palazzo Miraflores, da alcune settimane sembra meno solida. Le previsioni a lungo termine sono state modificate inserendo una variabile prima trascurata: neppure l’altro comandante sarà eterno. Si diffonde il panico tra i grassi burocrati, tra i funzionari che fondano il potere sui sussidi che arrivano da Caracas e tra gli impresari che rivendono parte dei centomila barili giornalieri di petrolio inviati dal nostro “nuovo Cremlino”. Queste persone trattengono il fiato in attesa che quanto prima Chávez torni a firmare accordi, a parlare davanti a telecamere e microfoni, a governare a colpi di decreti presidenziali.

Anche se la stringata nota pubblicata sui mezzi di comunicazione ufficiali ha cercato di fermare le speculazioni sulle condizioni attuali di Hugo Chávez, in realtà è servito solo a incentivarle. Noto una certa malsana morbosità, un gusto per il pettegolezzo gratuito in tutte queste chiacchiere che si diffondono per le nostre strade. Non è colpa soltanto della nostra natura estroversa e impertinente, quanto del silenzio che per troppo tempo ha circondato la questione. Quando un argomento, qualunque esso sia, diventa un tabù per l’opinione pubblica, allora niente è più affascinante che mormorare e inventare particolari sul tema proibito. Per cinquant’anni ci hanno fatto credere che eravamo governati da una persona che non sapeva cosa fossero le malattie, il dolore e la stanchezza. Quando la bolla di sapone dell’“invulnerabilità” del Comandante in Capo è svanita davanti ai nostri occhi, siamo diventati scettici di fronte alle notizie sulla salute di chi ci governa. Per questo motivo anche Chávez è oggetto della stessa incredulità e le sue condizioni di salute sono al centro dei nostri discorsi. È il modo personale che abbiamo trovato per renderci conto che lui - come Fidel Castro -, paragonato con il tempo della storia, è un personaggio mortale, effimero e passeggero.


Traduzione di Gordiano Lupi


La vignetta di Omar Santana mostra Hugo Chávez conalescente in un ospedale cubano, intento a studiare frasi dal contenuto rivoluzionario scritte da Evo Morales Ayma.

Preparando le spie...

Garrincha su El Nuevo Herald.

Istruzioni al personale che va a spiare in Venezuela.

Asere = Pana
Dissidente = Opposizione
Impero = Impero

A Cuba la parola Asere si usa per indicare l'amico, in Venezuela si dice Pana.
Dissidente è parola cubana, inVenezuela si dice Opposizione.
L'Impero è tale per entrambi. Sono gli USA....

Chiesa e Stato a Cuba

Omar Santana su El Nuevo Herald di martedì 21 giugno ironizza sul processo di collaborazione tra Stato e Chiesa in corso a Cuba.

Il cardinale si trova di fronte a un grande specchio, ha ritagliato la prima pagina del Granma (il quotidiano comunista, unico consentito sull'Isola) e ha incorniciato il suo volto all'interno del periodico.

Un'insolita alleanza quella tra partito comunista e Chiesa cattolica, dopo anni di lotte e persecuzioni... Il disegnatore satirico mette in dubbio che lo scopo di questa singolare unione sia quello di aiutare il popolo. Forse è solo una questione di potere....

Cuba e Iran sono i paesi che esiliano più giornalisti

Circa 70 giornalisti nel mondo hanno dovuto accettare un esilio forzato negli ultimi 12 mesi, ma più della metà provengono da Cuba e Iran, due dei paesi più repressivi nei confronti della libertà di stampa. I dati forniti dal Comité para la Protección de los Periodistas, CPJ, indicano che Cuba e Iran hanno costretto 18 giornalisti per parte ad abbandonare il loro paese per rifugiarsi in esilio. Secondo il comunicato dell'organizzazione per la tutela dei giornalisti, il motivo per cui almeno 67 giornalisti hanno scelto l'esilio è stato il pericolo di finire in carcere. Altri paesi che hanno esiliato giornalisti sono: Eritrea (6), Etiopia (5), Somalia, Repubblica Democratica del Congo e Pakistan (3). La lista include anche Sri Lanka e Siria (2), Afghanistan, Azerbaijan, Gambia, Iraq, Libia, Messico e Senegal (1).

venerdì 17 giugno 2011

La Stampa sull'evento di Aosta

Yoani Sánchez ospite telefonica ad Aosta


Yoani Sánchez ha preso parte telefonicamente all’evento “Oltre i muri: da Cuba al Medio Oriente. La sfida per la democrazia”, che si è tenuto ad Aosta giovedì 16 giugno, organizzato dal Comune di Aosta e da Lucas di Torino. È stata l’occasione per rivolgerle alcune domande e fare il punto sulla situazione cubana.

Le riforme economiche volute da Raúl Castro e dal Sesto Congresso del Partito Comunista cambieranno il volto di Cuba?

Raúl Castro ha compiuto alcuni interventi in tema di libertà economica e di lavoro privato, ma si tratta di aperture insufficienti e tardive. A Cuba oggi abbiamo 314.000 lavoratori privati, ma molti sono impiegati in settori non produttivi, inoltre non esiste un mercato all’ingrosso e non è garantito l’acceso al credito. La maggioranza della popolazione dipende sempre dallo Stato, che si comporta come un vero e proprio monopolista. I cambiamenti economici non sono stati fatti per favorire la popolazione, ma per un interesse statale a diminuire le spese e a incassare maggiori imposte. Inoltre, la legislazione vigente vieta ai cubani che vivono all’estero di investire denaro a Cuba, anche se sono i soli a possedere capitali per aprire nuove aziende.

L’omofobia a Cuba è un problema superato? Fidel Castro ha recitato il mea culpa nei confronti dei gay dicendo che in passato sono stati commessi molti errori (le UMAP, le persecuzioni…). Adesso per gli omosessuali è tutto risolto?

No. A Cuba c’è ancora omofobia latente nella società civile. Fidel Castro ha fatto autocritica per il periodo oscuro delle persecuzioni e dell’emarginazione dei gay, ma non ha trasformato le parole in veri e propri diritti. Il CENESEX diretto da Mariela Castro (figlia di Raúl) è la sola struttura deputata a occuparsi di omosessualità, si tratta di un’organizzazione governativa, imposta dall’alto e priva di libertà. Gli omosessuali non possono celebrare la giornata dell’orgoglio gay ma devono festeggiare un giornata contro la discriminazione, imposta dallo Stato. A Cuba sono vietate tutte le associazioni che esprimono istanze provenienti dal popolo.

Cosa può fare la blogosfera cubana per favorire libertà e democrazia?

La blogosfera rappresenta un elemento di novità del sistema e sta sperimentando cose nuove per il futuro. Non è un partito politico, non ha un capo. Siamo elettroni liberi e freschi. La blogosfera rappresenta il fenomeno giornalistico indipendente cubano. Siamo il megafono cittadino che diffonde notizie lungo le strade dell’isola e abbatte i muri della censura. La popolarità della blogosfera indipendente ha fatto correre ai ripari il governo che ha inaugurato alcuni blog statali con il compito di ripetere i contenuti diffusi dal Granma e della televisione di Stato. Ma la gente non frequenta certi siti perché sono ripetitivi e mancano di freschezza. Il popolo preferisce la visione dal basso della vita quotidiana perché rispecchia la realtà e non la retorica.

A Cuba assistiamo alla rivalutazione di alcuni autori emarginati in vita come Virgilio Piñera. Si tratta di una manovra politica o stanno davvero cambiando le cose?

Si tratta di un tradizione degli ultimi anni. Il governo cerca di assorbire importanti figure del passato nel pantheon degli autori da celebrare. Bada bene: il requisito fondamentale è che siano morti e quindi che si possano travisare le loro idee o tacere certe posizioni scomode. Il governo si guarda bene dal rendere omaggio ad autori cubani viventi che vivono in esilio come Carlos Alberto Montaner, e Zoé Valdés.

Carlos Varela ha detto che a Cuba si sente libero e che può esprimere liberamente la sua opinione. Ha aggiunto che i cubani hanno diritto a essere più liberi, a vivere dove vogliono e a pensare in maniera diversa dal governo. Il Bob Dylan cubano può parlare liberamente? A Cuba non è pericoloso esprimere la propria opinione?

Carlos Varela ha raggiunto uno status istituzionale che gli permette di parlare e di cantare in maniera polemica, anche se non è più l’autore di un tempo e sembra sempre meno combattivo. Fa molta attenzione a non oltrepassare il limite. A Cuba è pericoloso esprimere un’opinione diversa da quella ufficiale. Sono consentiti solo applausi e adesione totale alle idee governative. In alternativa si corre il rischio di essere censurati.

Il caso della blogger Amina. Cosa pensi di questa menzogna? In Italia c’è gente che dice la stesa cosa sul tuo conto. Io so bene che vivi all’Avana, tuttavia…

Non so a cosa ti riferisci. A Cuba le notizie arrivano in ritardo…

(Spiego in poche parole il caso della blogger Amina).

Quando ho cominciato a scrivere dicevano cose assurde sul mio conto. Per alcuni non esistevo, per altri non vivevo a Cuba, altri ancora mi descrivevano come un agente di Castro, infine c’era chi mi inseriva nei ruoli della CIA. Accuse alle quali ho sempre ribattuto con il mio impegno e la mia scrittura. Le mie parole sono la miglior risposta alle calunnie. A chi mi accusa dico: leggimi e giudica da solo.

Tua sorella è fuggita negli Stati Uniti, dopo aver vinto la lotteria dei visti, come molti tuoi amici e familiari. Perché la sola aspirazione dei cubani sembra essere la fuga?

Ho vissuto questo evento con molto dolore. Tutta la famiglia di mia sorella ha lasciato Cuba. Non posso denigrarla, anche se non poter rivedere la mia unica sorella mi fa molto male. A Cuba non esistono aspettative umane ed economiche. Il desiderio più diffuso è quello di scappare, dove non importa, quel che conta è lasciare un mondo opprimente che non fa sentire liberi. In ogni caso - lo dico ben chiaro - io non ho la minima intenzione di andarmene. Voglio restare a Cuba per far parte di quella generazione che contribuirà a ricostruire la nazione dopo lo sfacelo.

Il tuo libro Word Press - Un blog para hablar al mundo è uscito in Spagna. Può essere utile allo sviluppo della blogosfera cubana?

Il mio libro può servire ai blogger di tutto il mondo, perché serve a far capire una tecnica come Word Press, attraverso esperienze personali, conoscenze e trucchi del mestiere che cerco di condividere con il pubblico.

La primavera africana sembra in grado di far cadere le dittature che da anni governano molti paesi di quella zona. L’esperienza dei blogger cubani ha qualcosa in comune?

Non abbiamo ancora una voce così forte e uniforme, soprattutto ci manca un collegamento e molte cose sono ancora in uno stato embrionale. Confido che un giorno o l’altro potremo organizzarci e far scoccare la scintilla di una vera rivolta.

Ultima domanda che molti si fanno. Come puoi collegarti a internet e pubblicare i post, se non hai una connessione casalinga?

Non ho Internet a casa, questo è certo. A Cuba soltanto poche persone possono avere Internet e sono collegate al governo. Io vado negli alberghi, negli Internet point e pago il prezzo esoso fissato dal governo per accedere alla navigazione. La notorietà è il mio scudo protettivo. Mi sorvegliano, mi controllano, ma per il momento non mi impediscono di accedere ai punti Internet statali. Preparo i post a casa, sul computer portatile, quindi spedisco all’estero ai collaboratori e ai traduttori volontari. Sono loro - in definitiva - che pubblicano i post.

Yoani Sánchez continua la sua lotta contro la dittatura, come sempre con un linguaggio non violento, ma raccontando con pacatezza il mondo in cui vive e che vorrebbe cambiare.

Gordiano Lupi

mercoledì 15 giugno 2011

Chi ha paura del topo cattivo?


La dittatura cubana teme il topolino di Internet. Che possa cadere sotto i colpi del mouse?

Yoani in audioconferenza ad Aosta


INCONTRAOSTA

Giovedì 16 Giugno ore 18

AOSTA - Cittadella dei Giovani

Via Giuseppe Garibaldi, 7


OLTRE I MURI: Da Cuba al Medio Oriente.

La sfida per la democrazia

Intervengono

Farian Sabahi

Yoani Sanchez (in diretta telefonica dall'Avana)

e Gordiano Lupi


Cosa avviene nel mondo?

Dall’isola di Fidel Castro una giovane e coraggiosa blogger depone nella bottiglia di internet i suoi messaggi di libertà, e li fa viaggiare per il Globo, fino a diventare una paladina mondiale della libertà di stampa e di espressione. Nell’Africa del Nord si svegliano, cogliendo di sorpresa un assopito Occidente, movimenti che chiedono con forza democrazia e diritti. In Iran e nel Medio Oriente le repressioni sanguinose non fermano i fuochi di rivolta, alimentati anche dal vento inarrestabile del Web.

Come si abbatte il muro dei regimi? E, una volta abbattuto, come si costruisce una democrazia?

Il blog di Yoani Sanchez in italiano: www.lastampa.it/generaciony


Jorge Cervantes in pericolo di vita


Oswaldo Payá: Salviamo Jorge Cervantes, in sciopero della fame!
Agustin Cervantes, ex prigioniero del Movimento Cristiano di Liberazione invita a salvare la vita di suo fratello Jorge Cervantes, in sciopero della fame da 16 giorni. A questo link si può ascoltare il suo accorato appello: http://www.goear.com/listen/7179a71/a-cervantes-llama-a-salvar-la-vida-de-su-hermano-

Agustin Cervantes ha parlato telefonicamente con la madre ed è venuto a sapere che la donna era stata a far visita a Jorge, ricoverato presso l’ospedale Saturnino Lora di Santiago de Cuba. La signora aveva potuto parlare con il figlio, in stato di prigionia, e lo aveva aiutato a lavarsi, visto il delicato stato di salute.



Jorge Cervantes si proclama innocente, rifiuta le accuse costruite dalla polizia politica cubana e manifesta la volontà di continuare lo sciopero della fame fino a quando non sarà fatta giustizia. In caso contrario Jorge accetta la possibilità di morire da martire per la libertà.

Oswaldo Paya afferma: “La giunta militare cubana non si cura della giustizia e disprezza la vita delle persone. Se dovesse accadere qualcosa a Jorge Cervantes saranno loro gli unici responsabili. Chiediamo la liberazione incondizionata del dissidente e per tutti i prigionieri politici cubani!”.

Gordiano Lupi



Nelle foto: Jorge Cervantes vittima delle squadre paramilitari castriste che hanno lanciato pezzi di asfalto sulla sua casa e contro di lui.

Perchè i cubani fuggono...


 

Il disegnatore umoristico cubano Garrincha affronta il problema delle fughe all'estero.

Due cubani si incontrano per strada.

Primo cubano - "Io non me ne sono andato da Cuba per la politica, ma per l'economia!"

Secondo cubano - "Va bene, ma chi si occupava di economia?"
Primo cubano - "Il governo di Cuba"

Secondo cubano - "Vedo che non sei così sciocco..."

Quando la satira mette a fuoco un problema con due vignette e poche frasi.

martedì 14 giugno 2011

Carlos Varela sostiene che i cubani devono essere liberi




Carlos Varela lo dice senza esitazioni: “I cubani hanno diritto a essere più liberi, a vivere dove vogliono e ad avere idee non conformi al pensiero ufficiale”.

Il cantautore nella Nuova Trova critica senza mezzi termini il governo comunista dell’Isola, è ansioso di vedere una Cuba moderna, ma dice che continuerà a vivere all’Avana e che si sentirebbe “un gran codardo” se abbandonasse i giovani che credono in lui per proseguire la carriera fuori dal suo paese natale.

“Ogni cubano ha diritto a vivere dove vuole, deve essere libero di uscire ed entrare dal suo paese”, ha affermato il quarantottenne cantante, noto come il “Bob Dylan di Cuba”, esponente di un movimento musicale che vede tra i principali interpreti Silvio Rodríguez e Pablo Milanés.

Varela ha detto che in diversi casi le autorità cubane hanno censurato alcune sue canzoni impedendone l’ascolto in televisione e alla radio. “In ogni caso non mi sono mai autocensurato. Non è mai accaduto che qualche funzionario mi intimasse di non scrivere certi versi nelle canzoni e di non cantare in certi luoghi”, ha precisato. Tra le sue canzoni censurate ricordiamo liriche politico - sociali come Guillermo Tell, Tropicollage, Cuchillo en la acera, Leñador sin bosque e La política no cabe en la azucarera. Molte di queste opere sono state tradotte in italiano da Danilo Manera e pubblicate in alcune antologie di nuova poesia cubana edite da Feltrinelli.

Varela ha cominciato un tour di nove concerti che lo porteranno negli Stati Uniti, con date a Los Angeles, New York, Chicago e Miami. Nel concerto canterà pezzi dal suo ultimo album intitolato No es el fin, oltre a una selezione di vecchi brani.

“Miami conserva un sapore speciale, perché sembra di trovarsi in una provincia di Cuba. Cantare a Miami è molto emozionante, non è come esibirsi in una qualsiasi località degli Stati Uniti ”, ha detto il musicista. Carlos Varela ha precisato che continua a vivere a Cuba per tre motivi: il “peso tremendo” di avere i suoi genitori sepolti nel cimitero dell’Avana, la creatività che è maggiore rispetto ad altre parti del mondo e perché vivendo sull’isola si sente libero.

“Mi sono sempre sentito un uomo libero e ho sempre detto quel che penso”, ha assicurato Varela, aggiungendo che a Cuba “molte persone esprimono un pensiero del tutto indipendente”.

“Cuba è un paese dotato di grande creatività artistica. Se dai un calcio a una pietra escono fuori musicisti, poeti e cantautori da ogni parte”, ha detto. Varela crede che la musica possa far cadere le barriere tra statunitensi e cubani. “Servirebbe un maggior scambio di artisti da ambo le parti. Sono importanti gli incontri tra i governi delle due sponde, ma non si può interrompere neppure lo scambio culturale… non possiamo continuare a vivere così vicini e al tempo stesso così lontani”, ha aggiunto. Carlos Varela è convinto che gli artisti cubani e nordamericani potranno realizzare insieme ciò che in cinquant’anni non sono riusciti a fare i politici.

“Cuba e Stati Uniti devono tornare a darsi la mano”, ha concluso.



Gordiano Lupi

Nella foto: il cantante cubano Carlos Varela conversa con la stampa dopo il suo arrivo a Miami nel maggio 2010.

WordPress - Un blog para hablar al mundo

Il nuovo libro di Yoani Sanchez edito da Anaya, martedì 21 giugno verrà presentato a Madrid.
Videoconferenza con la blogger da Cuba.
Giovedì 16 giugno - ore 18 - ad Aosta, Yoani Sanchez sarà da me intervistata in diretta per INCONTRAOSTA, sul ruolo di internet nella conquista della libertà.

Cuba cambierà... ma quando?

Garrincha ironizza sul cambiamento cubano con una vignetta che vede protagonista il popolare cantante Pablo Milanés.

Milanés - Cuba cambierà!
Intervistatore - Quando, signor Milanés?
Milanés - Giovedì!
Intervistatore - Di quale anno?
Milanés - 2317

giovedì 9 giugno 2011

Yoani nuovo volto del pensiero iberoamericano


La blogger Yoani Sánchez è stata inclusa nell’elenco dei dieci volti nuovi del pensiero ispanoamericano, secondo un’inchiesta condotta dalla rivista Foreign Policy in Spagnolo (http://www.fp-es.org/los-10-nuevos-rostros-del-pensamiento-iberoamericano).

Yoani Sánchez si trova al secondo posto della speciale classifica ed è stata nominata “per il suo apporto al dibattito politico, nonostante operi in un luogo dove secondo il pensiero ufficiale lei non esiste”. La rivista aggiunge: “Yoani Sánchez mantiene il suo blog Generación Y, superando ostacoli e difficoltà messi in campo contro di lei dal regime cubano. Si è trasformata in una referente importante in tema di utilizzo di Internet per finalità politiche, lotta per i diritti umani e per la libertà di espressione”.

Foreign Policy ha chiesto ai suoi lettori quali fossero i nuovi volti del pensiero in Spagna e in America Latina. Tra le 25 personalità proposte dalla rivista, i lettori hanno dichiarato vincitore il matematico guatemalteco Luis von Ahn, che nel 2007 è stato uno dei 50 giovani più influenti nel mondo della tecnologia. Tra gli altri personaggi ricordiamo: Javier Santiso (Spagna), María Paula Romo (Equador), Jaime Bayly (Perù), Ricardo Amorín (Brasile), Jorge Volpi (Messico), Michael Penfold (Venezuela), José Ignacio Torreblanca (Spagna) e William Ospina (Colombia).

Gordiano Lupi

Il centenario di Virgilio Piñera


Riabilitato un grande scrittore cubano

A Cuba si rende omaggio a Virgilio Piñera, poeta e drammaturgo per lunghi anni osteggiato, stigmatizzato e messo al bando dal regime. L’evento è organizzato a Guantanamo sotto il titolo La Isla en Peso (Il peso di un’isola), ispirato a una sua famosa lirica.

Virgilio Piñera, nato nel 1912 e morto nel 1979, è una delle più importanti figure della letteratura cubana contemporanea. Considerato il principale drammaturgo cubano del Ventesimo secolo (ha scritto teatro dell’assurdo molti anni prima di Ionesco e di Becket), nel 1968 ha vinto il Premio Casa de las Américas con la sua opera Dos viejos pánicos ed è autore delle note piece teatrali Aire Frío ed Electra Garrigó. L’autore di Carne de René (edito in italiano ma introvabile, - se non presso le biblioteche nazionali – con il titolo La carne di René) e Cuentos fríos ha scritto anche quattro romanzi, dieci libri di racconti e sei raccolte di poesie.

AFP, agenzia di stampa francese ha scritto: “Cuba commemora il centenario di uno scrittore emarginato per omosessualità e salda uno dei suoi più grandi debiti culturali riconoscendo uno dei suoi più importanti scrittori, messo da parte negli anni Settanta”. Pare la nota stampa del Partito Comunista Cubano, perché lo stesso articolo è stato pubblicato da Granma. Ricordiamo uno sprezzante giudizio di Che Guevara nei riguardi dell’opera completa di Piñera: “Buttatemi nel secchio i libri di questo frocio!”.

In realtà non era solo l’omosessualità il problema di Virgilio Piñera con la cultura cubana, perchè il famoso romanziere, morto d’infarto a 67 anni, subì un vero e proprio ostracismo politico - culturale a causa delle sue idee politiche. Il Quinquennio Grigio fece molte vittime… Gli ultimi anni di vita dello scrittore sono stati una vera e propria agonia, come si legge nei libri di Guillermo Cabrera Infante e come afferma Orlando Luis Pardo Lazo.

“L’omaggio a Piñera è un’esperimento di archeologia cinica da parte delle autorità cubane, dopo anni di oltraggi e dimenticanze. Forse molti responsabili dell’agonia del poeta saranno presenti alle celebrazioni, fingendo di non ricordare il famigerato discorso di Fidel Castro agli intellettuali”, ha scritto il giovane blogger.

Virgilio Piñera si mise da parte con le sue stesse parole quando Fidel disse: “All’interno della Rivoluzione tutto è consentito, fuori dalla Rivoluzione niente!”. Il poeta rispose con una frase laconica: “Io dico solo che ho paura, molta paura”.

Antón Arrufat, vecchio amico dello scrittore, si è impegnato molto per organizzare le celebrazioni che si concluderanno ad agosto 2012 e comprenderanno nuove edizioni di opere, pubblicazione di testi inediti e rappresentazioni teatrali.

 
Gordiano Lupi

Cina, Cuba e il modo di mangiare


Garrincha illustra con ironia la visita del presidente cinese a Cuba. Siamo al momento del pranzo.
Vicepresidente cinese - Vogliamo farvi mangiare il riso con le bacchette.
Raul Castro - Sul riso non so, ma quanto alle bacchette siamo molto preparati.

La solita musica


Garrincha ironizza sulla solita musica suonata da Raul Castro nel corso del Sesto Congresso del Partito Comunista Cubano. Il cittadino ascolta e prende nota.

martedì 7 giugno 2011

Cuba e Cina firmano accordi di cooperazione petrolifera


LA HABANA -- Il vicepresidente cinese Xi Jinping e il capo di Stato cubano Raúl Castro dopo l'incontro di domenica hanno firmato tredici accordi, tre di argomento petrolifero.

La Unión de Petróleo de Cuba (CUPET) e l'impresa China National Petroleum Corporation (CNPC) hanno stipulato "un accordo di vasta portata per ampliare la cooperazione nel settore petrolifero".

Gli accordi riguardano un progetto di espansione della raffineria di Cienfuegos e un progetto sulla produzione di gas liquido, sempre a Cienfuegos. La televisione cubana ha parlato di "stretti vincoli commerciali Cuba - Cina" e della volontà di "rendere i rapporti economici tra i due paesi sempre più saldi".

Xi, considerato il probabile successore dell'attuale presidente Hu Jintao, si è recato in Piazza della Rivoluzione e ha depositato un mazzo di fiori di fronte al monumento commerativo a José Martí.

Il vicepresidente cinese ha detto che lo scopo della sua visita è quello di "incrementare l'amicizia, approfondire la cooperazione tra i due popoli e rendere più saldi i vincoli ideologici e commerciali".

La Cina è il secondo partner commerciale di Cuba, dopo il Venezuela. Lo scambio commerciale tra l'isola caraibica e la Cina è stato di 1.800 milioni di dollari nel 2010, secondo i dati del settimanale cubano Opciones.

La visita di Xi a Cuba segue un programma di relazioni commerciali cominciato dall'Italia, che proseguirà con Uruguay e Cile.

La vignetta di Omar Santana - apparsa su El Nuevo Herald di martedì 7 giugno - stigmatizza la situazione da un punto di vista satirico. Un diplomatico cinese dice: "Viva l'eterna amicizia...", mentre Xi completa la frase: "...- e che si continui con la stupidaggine dell'economia socialista...". Raul Castro sorride soddisfatto.

Gordiano Lupi

mercoledì 1 giugno 2011

Articolo di Felix Luis Viera tradotto in italiano

Cubaencuentro / Cultura

Literatura, Derechos humanos

Gordiano Lupi, a favore della democrazia cubana

“Niente e nessuno potrà farmi allontanare dal mio proposito di collaborare in ogni modo affinché sia conosciuta la verità su Cuba”.

(articolo di Felix Luis Viera, Messico)

01/06/2011


Nell’estate del 1998, il giornalista e scrittore Gordiano Lupi, arrivò a Cuba per la prima volta, convinto di giungere in un paradiso. Così la descrivevano gli scritti, che in abbondanza aveva letto e assimilato, del compatriota Gianni Minà, forse il più fedele amanuense del castrismo in Italia e, chissà, di tutta Europa.

Tuttavia, durante il suo viaggio, Lupi si rese conto, secondo le sue stesse ammissioni, delle “falsità secondo cui Cuba era il miglior stato sociale del mondo, secondo cui tutti possedevano il necessario, secondo cui nessuno veniva perseguitato per i propri ideali e secondo cui tutto il popolo stava dalla parte di Fidel Castro”, come del resto avevano affermato i signori dell’Associazione di Amicizia Italia-Cuba.

Da allora, questo intellettuale italiano si è trasformato in un nemico giurato del castrismo e, come conseguenza, in difensore dei diritti umani dell’isola. Un attivismo che gli è costato minacce, intimidazioni e esclusioni, da parte dell’orda castrista italiana negli ultimi 13 anni. Tutto ciò non ha demoralizzato chi sostiene che “niente e nessuno potrà farmi allontanare dal mio proposito di collaborare in ogni modo affinché sia conosciuta la verità su Cuba”.

Come accade in questi casi, la patetica sinistra castrista italiana non perde occasione per attaccare Lupi, e, ovviamente, per accusarlo di essere un agente della CIA. Lo scorso autunno gli è stato bloccato l’accesso all’aula magna dell’Università di Pisa ed è stato oggetto di un meeting di protesta perché si preparava a condurre una videointervista con la blogger cubana Yoani Sánchez.

Nella decade appena conclusa questo giornalista ha messo a disposizione della letteratura cubana la piccola casa editrice autofinanziata [Edizioni Il Foglio; www.ilfoglioletterario.it], allo scopo di far conoscere, tra gli altri, gli scrittori isolani William Navarrete, Alejandro Torreguitart e i poeti della Primavera Nera [gli intellettuali detrattori del castrismo arrestati nella primavera del 2003]; di cui Lupi ha tradotto le opere. Un lavoro che porta avanti costantemente e in modo disinteressato per il blog di Yoani Sánchez.

Cinque anni fa, Gordiano Lupi ha dato alle stampe il libro Almeno il pane Fidel, che, naturalmente, gli ha fatto guadagnare un iroso attacco dei prestanome del potentato Gianni Minà, direttore della lucrativa rivista Latinoamérica, “il Granma tradotto, una voce al servizio delle bugie castriste”, secondo quanto affermato dallo stesso Lupi.

Un altro dei suoi libri su Cuba è Mi Cuba – in edizione inglese e spagnola – un resoconto delle varie origini dell’arte e della letteratura cubana, che rappresenta il manifesto della passione che muove il giornalista italiano verso la terra cubana e che ha conquistato l’attenzione di un nutrito pubblico di lettori.

“In Italia la letteratura cubana della diaspora ha poca divulgazione e i cubani che non sono d’accordo con il castrismo non sono pubblicati dai grandi editori”. A partire da questa conclusione, Gordiano Lupi ha dedicato le sue due colonne settimanali a diverse pubblicazioni, con tutta la costanza che gli è consentita, per registrare, pubblicare e informare – previa traduzione – sulle faccende letterarie degli scrittori cubani della diaspora. Un lavoro enorme, non solo per lo sforzo intellettuale che richiede, ma anche per gli ostacoli che deve vincere e la pressione a cui è sottoposto da parte dell’astrusa sinistra italiana [lo zoccolo duro più ideologizzato].

Perché Gordiano Lupi si presta con non pochi sacrifici per la libertà di un popolo che non è il proprio? “Per un sentimento di giustizia e perché ho sempre ammirato il popolo di Cuba, che non merita di vivere sotto il terrore e l’umiliazione”, ha risposto.

Grazie.

Traduzione di Rosa Manauzzi