giovedì 19 maggio 2011

Un giorno all'estero


Arrivò a Cuba innamorata della rivoluzione, alla fine degli anni Settanta. Si sposò con un generale e prese residenza nell’isola-paradiso, per realizzare i suoi sogni. Frequentò sempre persone di un certo livello, la così detta nomenclatura, e visse gli ultimi trent’anni come una principessa. La perestroika, la glasnost, la caduta del Muro di Berlino del Muro de Berlín e il conseguente crollo del blocco socialista le giunsero come echi dalla lontana Europa, che saggiamente si era lasciata alle spalle. Dalla sua casa di Siboney ascoltò la litania del Periodo Speciale, ma quando guidava la sua Lada nella Quinta Avenida, le cose non sembravano così male. Siccome le arrivava poca luce comprò un impianto elettrico, al tempo stesso suo marito procurava sempre prodotti di importazione per le necessità di casa. Niente di nuovo sotto il sole.

Aveva stretto alcune amicizie, quasi tutte tra persone iscritte al Partito Comunista. Ma agli inizi del 2000 poche di loro vivevano ancora a Cuba, mentre tutte avevano rinunciato agli incarichi politici e al Partito. La politica non era mai stato un argomento importante nelle loro conversazioni, mentre si parlava molto di pranzi, creme, giornate al mare e bella vita. Un poco alla volta il bisogno divenne l’argomento più importante dei loro dialoghi: A chi poteva interessare il mare azzurro e la rena bianca di Varadero se non c’era un uovo da mettere in tavola? La bestia politica era un motivo di discordia e non la lasciava mai sola.

Una volta decise di regalare alle sue amiche una giornata speciale: spiaggia, ristorante e albergo. Uscirono di buon mattino e tornarono a notte fonda. Quando scesero dall’automobile una di loro le disse soddisfatta: “Grazie per questo meraviglioso viaggio all’estero!”.

Fu l’ultima volta che si videro.


Traduzione di Gordiano Lupi

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