sabato 30 aprile 2011

Una poesia inedita di Reina Fina

Una poesia inedita di Fina García Marruz, dedicata a Eugenio Florit


Al querido Florit

A veces, el cuerpo parece

alma, más aún que la otra,

que lo abandona, altiva.

Hace,

como criada a su señora, todos

los trabajos más rudos. Oye

sólo lenguajes bastos. Sólo

como hadas, las lágrimas le hablan,

tocan la carne humilde —ellas,

casi carne también— bajan

—¿de dónde?— a consolarla.

Y

venidas del otro reino inmenso

a palparnos la cara, reconocen

el territorio de la sed: “amiga,

dicen, no llores, aquí estamos…”

(Le copio este sencillez sólo para que vea que lo recuerda y quiere,

Fina)



Al caro Florit

A volte, il corpo sembra

anima, più ancora di colei,

che l’abbandona, altezzosa.

Compie,

come serva verso la sua signora, tutti

i lavori più rudi. Ascolta

solo espressioni volgari. Solo

come le fate, le lacrime le parlano,

toccano la carne umile - anche

loro quasi carne - scendono

- da dove? - a consolarla.

E

venute dall’altro regno immenso

a sfiorarci il volto, riconoscono

il territorio della sete: “amica,

dicono, non piangere, siamo qui…”


(Le copio questa piccola cosa solo perché veda che lo ricordo sempre e che le voglio bene, Fina)


Traduzione di Gordiano Lupi

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